In Romania viene annullato il primo turno delle elezioni politiche perché vince un candidato filorusso: questa è la democrazia occidentale ridotta a farsa in cui si è arrivati al punto in cui non si cerca più di nascondere interventi correttivi della volontà popolare
In Romania il primo turno delle elezioni presidenziali del 2024, in cui il 27 novembre sono stati chiamati alle urne i cittadini aventi diritto, ha visto il successo del candidato di destra Calin Georgescu (22,9%) davanti al progressista Elena Lasconi (19,18%) e il socialdemocratico Marcel Ciolacu (19,15%). Le elezioni parlamentari che si sono svolte il 1 dicembre hanno fatto registrare l’affermazione dei socialdemocratici. Il ballottaggio per le presidenziali avrebbe dovuto avere luogo l’8 dicembre, ma capovolgendo la propria precedente decisione, la Corte Costituzionale ha annullato il primo turno. Le motivazioni consistono nel contenuto di rapporti dei servizi segreti che sostengono di aver rilevato un’influenza esterna attraverso il social TikTok, con cui la Russia avrebbe influenzato l’esito delle elezioni politiche. Alle elezioni vince un candidato antisistema che non era vicino né alla NATO ne a all’Unione Europea e la Corte Costituzionale annulla il suo esito. Viene pertanto stabilito da un’apposita relazione che c’è stata un’ingerenza russa, per cui la volontà popolare sarebbe stata influenzata in modo subdolo. si è parlato genericamente di un traffico non meglio specificato di soldi provenienti dalla Russia destinati a sostenitori e votanti di Georgenscu. Le ingerenze sono all’ordine del giorno ma il problema viene posto solo quando queste vengono in quadrate come prodotto di qualcuno di sgradito a chi detiene il potere in Occidente. Sempre in Romania il Presidente Francese Macron sim impegnò a promuovere e sostenere nella sua campagna elettorale la candidata filoccidentale, ma quel tipo di intervento invece non è stato oggetto di sanzione: due pesi e due misure. Il concetto di ingerenze sui social network è qualcosa di inconsistente. in un mondo globalizzato e iperconnesso, dove con gran facilità possono circolare informazioni, notizie e semplici pareri, dovrebbe essere consentito anche scambiare messaggi politici tra Paesi, ma evidentemente questo non è cosa gradita se ciò arriva da dalle parti “sbagliate”. Ci si scaglia contro le ingerenze partite dal Paese di Putin ma Twitter bloccò Donald Trump perché non utilizzava la libertà d’espressione nel “modo giusto”. Non si capisce perché un cittadino romeno non possa ascoltare un’opinione politica proveniente da un altro Paese. In realtà durante lo spoglio non sono state dichiarate schede truccate né brogli si alcun tipo. Bisogna chiarire una cosa: la propaganda esiste e gli stessi Stati Uniti che si vantano esportare la democrazia nel mondo ne sono intrisi. Quel che è incoerente e capzioso è il fatto che la propaganda per qualcuno vada bene mentre sia da condannare se questa è rivolta a qualcun altro. La propaganda è a ogni livello e i mass media la esercitano in maniera sia esplicita che nascosta. Il messaggio dichiaratamente di contenuto partitico o ideologico dovrebbe essere distinto dalle notizie e dalle informazioni trasmesse. Se un’oggettività totale è pressoché irrealizzabile, giornali e telegiornali trasmettono palesemente inquinati da contenuti che stravolgono alcuni aspetti della realtà dei fatti enunciati, facendo bene attenzione a quello che non si deve dire, per orientare volutamente e massicciamente l’opinione pubblica. L’Unione Europea ha già dimostrato quanto sia autoritaria e questo è un fatto gravissimo avvenuto in un Paese comunitario. Questo accadimento costituisce uno scivoloso precedente per la libertà di espressione sulle piattaforme social network e no: su quale base dei contenuti politici sono ritenuti accettabili o meno? Sull’indicazione di chi al momento detiene il potere? Evidentemente c’è chi ritiene che la libera volontà espressa dal voto debba essere corretta, se necessario. Se nelle dittature non c’è libertà di scelta, in siffatte supposte democrazie si è liberi di scegliere quello che è già stato deciso per i popoli.