Un Americano a Roma: a lezione di soft power da Alberto Sordi

Un Americano a Roma: a lezione di soft power da Alberto Sordi

La pellicola che lanciò il talento comico di Alberto Sordi svela non solo un aspetto dell’Italia del Secondo Dopoguerra ma aiuta a capire una chiave del potere.

Potere e tipi di potere

Che cos’è innanzitutto il potere nelle scienze umane? Il potere è la capacità degli attori di un contesto di raggiungere il risultato voluto influendo sul comportamento altrui. I modi con cui si esercita il potere vanno a definire due principali tipologie:

L’hard power è la capacità di far fare agli altri quello che si vuole con la forza, quindi sia che essi lo vogliano o no. Per raggiungere il risultato agnognato si ricorre a ripercussioni oppure semplicemente a minacce.

Il soft power è l’abilità di rendere gli altri genuinamente desiderosi di desiderare proprio quello che vuole chi detiene il potere attraverso una persuasione manipolatoria. Chiaramente queste due forme spesso si compenetrano ma il modo di esercitare il potere da parte delle élites è diventato così raffinato che il secondo tipo è diventato quello preponderante nel mondo occidentale.

Il soft power nel mondo occidentale

Nell’Occidente odierno in cui governa la società del consenso: non si può fare nulla senza l’approvazione dell’opinione pubblica. O si fanno le cose che il popolo vuole o si fa sì che il popolo voglia esattamente quello che vuole la classe dominante, o meglio convincerlo a volere quello che essa vuole. Il potere ha imbastito un sistema complesso per creare una realtà alternative dove si presenta la realtà che si vuol far credere e si nasconde quella reale. Anche prima si faceva ma fino ai primi del ‘900 il meccanismo era meno articolato. Il soft power venne imposto in Europa in concomitanza con l’applicazione del Piano Marshall, il noto progetto di aiuti economici non privo di interessi che doveva risollevare un’Europa dilaniata dal conflitto. Si veicolò un certo tipo di cultura e significativamente le rivoluzioni hanno come scopo quello di cambiare la società: la cultura del Paese dominante che automaticamente porta a un certo tipo di consumo. Questo porta a far crescere enormemente le fette di mercato raggiungibili creando nuovi consumatori ma anche a creare le condizioni per l’affermarsi del consenso popolare dei confronti del potere precostituito.  Il primo passo del modello sociale neoliberista è stata prendere il controllo dell’università per formare le nuove generazioni definendo un modello di riferimento che includa valori e modi di vedere la realtà. Gran parte di quanto elaborato dai neoliberisti concerne infatti gli aspetti sociali e di comunicazione, può quindi sorprendere la grande importanza data alla cultura, occupandosi, dopo scuola e università, anche di intrattenimento e medium di massa. Il modo migliore per far affermare un nuovo paradigma non è imporlo con la forza ma far sì che la stessa società lo richieda, modificandone le fondamenta a livello antropologico. La manipolazione mediatica e culturale si rivela così essere uno strumento di coercizione indiretta ben più efficace del diretto ricorso alla forza.

Raffigurazione del soft power
Raffigurazione del soft power

“Un americano a Roma”

La commedia comica, diretta nel 1954 a Steno e con Alberto Sordi protagonista, allora astro nascente del cinema italiano, fotografa il processo di americanizzazione che cominciò a farsi largo nella società italiana negli anni ’50. A un decennio dalla conclusione della Seconda Guerra Mondiale l’Italia iniziò a vivere il cosiddetto boom economico, che portò con sé un processo di profondi mutamenti sociali, che sarebbero mostrati al cinema nel tempo con la stagione della Commedia all’Italiana. Uno di questi viene preso di mira da questa commedia comica, che sarebbe poi stata ironicamente cantato da Renato Carosone solo due anni dopo nella sua celeberrima “Tu vuo’ fa’ l’americano”.

La trama è poco più di un presupposto per mettere insieme le scenette comiche che hanno per protagonista una delle maschere più fortunate di Alberto Sordi, che narrò al grande pubblico contemporaneo la romanità prima di Carlo Verdone e Zerocalcare. Nando Moriconi è un ragazzo romano affascinato dalla cultura statunitense, tanto da farsi chiamare Santi Bailor e vagheggiare un futuro Oltreoceano. Il film è quindi cucito su misura dell’estro dell’attore trasteverino e mette impietosamente alla berlina quell’esterofilia di superficie che cominciava a diffondersi tra gli Italiani. Nando conosce il Paese a stelle e strisce tramite la cultura di massa del cinema, della musica e dello sport, cercando di emulare quanto conosce degli Stati Uniti nella sua quotidianità, senza davvero sapere molto di quello che sono davvero gli USA. Emblematica in questo senso una delle scene  più note del cinema italiano entrate nell’immaginario collettivo: Nando siede a tavola autoimponendosi di mangiare cibi americani, salvo poi tornare sui suoi passi e dedicarsi con rinnovato entusiasmo a divorare un piatto di pasta e trangugiare del vino rosso formulando la famosissima battuta in dialetto romanesco: “Maccarone m’hai provocato e io te distruggo adesso. Io me te magno!”. Tuttavia il protagonista continua a ammorbare amici, familiari e fidanzata con la sua mania americanista, presentandosi come un “poliziotto der Kansas City” ed esibendosi in un inglese maccheronico che lo metterà spassosamente nei guai. Nonostante le disavventure la fascinazione dell’uomo per la cultura americana non si spegne continuando invece inguaribilmente ad ardere.

Nando Moriconi con la fidanzata in veste dichiarata di poliziotto der Kansas City
Nando Moriconi con la fidanzata in veste chiarata di poliziotto der Kansas City

Un film profetico

A distanza di decenni la pellicola ha descritto una realtà che si sarebbe sviluppata con progressiva veemenza negli anni a venire. L’influenza culturale degli Stati Uniti non ha risparmiato nessuno dei Paesi sotto l’ombrello atlantista, addirittura non limitandosi a quelli. Proprio l’Italia è uno dei Paesi dove questo fenomeno ha maggiormente trovato terreno fertile. Anche nelle pareti di bar e ristoranti delle località più sperdute campeggiano immagini-simbolo come il Ponte di Brooklyn o la Statua della Libertà. In molteplici campi si cerca di imitare i modelli americani mentre i divi dello spettacolo più ammirarti sono proprio quelli d’Oltreoceano, tra i pochi a godere di una fama mondiale che travalichi le barriere geografiche e linguistiche. Le istanze politiche, scientifiche ed economiche che partono da oltreoceano sono spesso considerate quelle più all’avanguardia. La lingua italiana si è riempita di anglismi spesso non necessari, tanto che ricorrere al loro utilizzo viene preso provincialmente per segno di alto livello di professionalità o comunque come indice di capacità di stare al passo con i tempi. Succede invece in alcuni casi che degli Italiani non si dimostrino in grado di sapersi esprimere opportunamente né in italiano né in inglese. Significativamente il termine “locatation” coniato da Sordi per il suo personaggio ricorda da vicino, “location”, uno degli anglismi più superflui. Pur tenendo conto della complessità della situazione politica nella sua interezza si potrebbe affermare che questa marcata permeabilità culturale ha agevolato l’affermarsi in Italia di uno status di fatto di colonia particolarmente vincolata. Mentre molti stranieri, pur coltivando non di rado un’immagine stereotipata e da cartolina del Belpaese, sono affascinati dallo stile di vita italiano, dal suono dolce della lingua e dalle eccellenze enogastronomiche e artigianali,  troppi Italiani sono diventati nel frattempo simili a Nando Moriconi.

Alberto Sordi nella scena più famosa di Un Americano a Roma
Alberto Sordi nella scena più famosa di Un Americano a Roma

Riferimenti

Storia del cinema e del film, David Bordwell e Kristin Thompson, Editrice Il Castoro S.r.l., Milano, 1998

La fabbrica delle rivoluzioni (documentario), Franco Fracassi e Giorgia Pietropaoli, Minerva Pictures, 2013

L’altra Storia d’Italia, Lamberto Rimondini, Arianna Editrice, Bologna, 2022

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David Sciuga

Si è laureato con lode prima in Lettere Moderne poi in Filologia Moderna presso l’Università degli Studi della Tuscia. Successivamente ha conseguito il Master di II livello in Management presso la Bologna Business School. La sua tesi di laurea magistrale “La critica della civiltà dei consumi nell’ideologia di Pier Paolo Pasolini” è stata pubblicata da "OttoNovecento", rivista letteraria dell'Università Cattolica di Milano, ed è tuttora disponibile sul portale spagnolo delle pubblicazioni scientifiche Dialnet. Da giornalista pubblicista ha lavorato per il Nuovo Corriere Viterbese e per diverse testate locali, inoltre è anche blogger e critico cinematografico. Ha collaborato con il festival teatrale dei Quartieri dell’Arte e con l’Est Film Festival, di cui è stato presidente di giuria. Come manager di marketing e comunicazione ha lavorato per STS Academy, agenzia di formazione di security e intelligence. Il suo racconto "Sala da ballo" è stato incluso nell’antologia del primo concorso letterario nazionale "Tracce per la Meta". Successivamente è stato premiato con il secondo posto al Premio Internazionale di poesia “Oggi Futuro” indetto dall’Accademia dei Micenei. È stato moderatore di conferenze di geopolitica dove sono intervenuti giornalisti di rilievo nazionale. L'animal fantasy "Due fratelli" è il suo primo romanzo, pubblicato con la casa editrice Lulu.com, a cui segue il romanzo di formazione "Come quando ero soldato". Collabora con il web magazine "L'Undici". Parla correttamente l'inglese, possiede elementi di francese e tedesco.

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