Il crollo del Muro di Berlino nel 1989 e il conseguente disfacimento dell’Unione Sovietica nel 1991 hanno costituito uno spartiacque epocale consegnando alla Storia un mondo dominato dagli Stati Uniti d’America e dalle altre potenze atlantiche. Questo ordine unipolare ha ormai perso la sua centratura e, con l’emergere di nuovi scenari e nuove potenze economiche, sembra ormai volgere al tramonto, sostituito da un assetto multipolare.
Alla luce di una serie di cambiamenti politici e sociali che corrono a velocità via via maggiore si può sostenere che è in in corso l’affermarsi un mondo multipolare, mentre il mondo a blocco unico ha imboccato da tempo il viale del tramonto. A testimonianza di ciò le istituzioni legate al sistema unipolare sono maggiormente messe in discussione, il suo sistema finanziario appare meno solido e anche molte narrazioni con cui veniva giustificato alle masse il suo dominio, come quella per l’emergenza sanitaria da Covid, sostanzialmente rifiutata dalla Russia e dai Paesi sotto la sua sfera d’influenza, hanno perso di credibilità. Dopo una messianica campagna farmaceutica, si parla del fatto che numerose miocarditi e pericarditi si sono verificate nei sierati. Un biennio in cui l’ordinamento civile dei Paesi occidentali è stato impartito ignorando arbitrariamente le più elementari norme costituzionali ha esplicitato come le loro democrazie sono state sostanzialmente esautorate della loro funzione. Le decisioni importanti non si prendono più nelle aule degli organi di rappresentanza ma sono frutti delle indicazioni di organi sovranazionali, a loro espressione di ristretti gruppi economici e finanziari. Periodicamente torna in risalto quello che è un genoicidio sistematico perpetuato in Palestina, senza però specificare chi compie le violenze contro dei cittadini inermi. Tutto questo avviene mentre da un lato si condanna la guerra e dall’altro si propugna un mondo inclusivo e multietnico cadendo nelle grottesche esagerazioni polically correct della Cancel Culture dietro cui si celano degli obbiettivi di ingegneria sociale ben precisi. Dall’altro lato non si affronta lo spinoso argomento riguardo l’identificazione dei responsabili delle violenze mirate che avvengono, essendo questi appoggiati da grandi aziende e gruppi di potere. La coperta è troppo corta per continuare a insabbiare un corto circuito che risulta ormai palese anche al cittadino più distratto. I segnali di questo cambio di paradigma sono molteplici e partono dalla situazione di conflitti chiave la cui risoluzione si rivela essere diverso da quello auspicata dalle lobby attive nei Paesi occidentali. L’epilogo del conflitto tra Russia e Ucraina, che praticamente è una guerra per interposta persona tra Russia e NATO sul territorio ucraino con l’inevitabile quanto comunque prevedibile affermazione russa, è eloquente. Il braccio di ferro tra mondo unipolare e quello multipolare prosegue su più fronti ma ormai il vecchio assetto a senso unico pare ormai smantellato.
Questa impotenza si esplicita dell’inutilità delle sanzioni commerciali rivolte a Occidente contro la Russia, la quale dispone comunque di uno sterminato mercato di riferimento che è quello dei BRICS, che tra le sue file annoverano i Paesi più popolosi al mondo. Significativo è il fatto che l’India, che ha oltre un miliardo di abitanti, ha incrementato sensibilmente gli scambi commerciali con la Russia, accettando da questa pagamenti in rubli. I vertici dell’Unione Europea vorrebbero l’Ucraina nella NATO a riprova del fatto che il peso specifico dell’ente continentale è pari a zero in politica internazionale, limitandosi al ruolo di mero strumento delle potenze atlantiche. Il Presidente ucraino Volodymyr Zelenski, partito politicamente dal nulla, a livello internazionale è tornato nell’oblio: i finanziamenti internazionali di cui ha goduto per portare avanti il conflitto sono finiti e lui si ritrova abbandonato a se stesso. Anche l’Africa ha abbracciato il mondo multipolare, combattendo contro il neocolonialismo con le rivolte a Sud del Sahara in Niger, Mali e Burkina Faso, lottando per stroncare una seconda decolonizzazione con apporto della Russia, mentre d’altro canto la Cina ha avviato un proprio oscuro processo di colonizzazione in altri Paesi del Continente Nero. Il Sud America e i Paesi legati al petrolio hanno abbracciato il mondo multipolare abbandonando la logica del petroldollaro. L’americanizzazione del mondo, forte del potere propagandistico esercitato per mezzo del Soft Power e diffusa direttamente con la forza o indirettamente facendo leva sulle “telecomandate” rivoluzioni colorate, volge alla fine. La narrativa di parte per cui gli Stati Uniti sono degli “esportatori di democrazia”, impegnati in missioni militari in tutto il mondo per liberare i Paesi dove intervengono non risulta più efficace. Anche la NATO, organismo sovranazionale che dovrebbe mantenere la sicurezza e la libertà degli stati firmatari, ha fin troppo esplicitato la sua natura di strumento delle politiche internazionali dei Paesi che possono fare la voce grossa sullo scacchiere internazionale, dichiarando delle finalità pacifiste ma assumendo nei fatti un’esplicita condotta aggressiva. L’Unione Europea ha dimostrato di essere un’ente sovranazionale che lega i singoli Paesi membri agli Stati Uniti, indebolendoli a livello sia economico e politico.
L’istituzione di fatto è stata sfruttata per ostacolare un pericoloso, dal punto di vista angloamericano, avvicinamento dell’Europa Occidentale al gigante russo. Si tratta di un’antica preoccupazione che affonda le sue radici nel concetto di Hertland, elaborato da Halford John Mackinder nel 1904, secondo cui l’Eurasia continentale è l’ago della bilancia degli equilibri mondiali. I cittadini hanno verificato sulla loro pelle che le promesse di ricchezza e benessere dell’UE erano infondate e monta il dissenso con le proteste in Francia dei Gilles Jeune a cui si sono aggiunte quelle dei contadini tedeschi e olandesi. Questa istituzione, apparentemente dominata dalla Germania, mostra come in realtà tutti i popoli europei siano in scacco di un progetto contrario ai propri interessi. L’UE è in declino e si trova alle strette. L’Italia è tra i Paesi europei più vincolati a uno status di colonia de facto dal 1992, risultando tra i Paesi più penalizzati dalla sottoscrizione del Trattato di Maastricht, viatico per l’adozione di un Euro che ha polverizzato il potere d’acquisto dei suoi cittadini. L’Italia poi risulta essere incapace, nonostante il susseguirsi di governi appartenenti a schieramenti diversi, a sostenere anche solo una parvenza di politica internazionale propria. Sembra che sia proprio in corso uno scontro tra fazioni dove una di queste spinge per l’attuazione di un nuovo sistema economico-politico e un’altra che invece vuole fermare questo processo. Al World Economic Forum si è infatti parlato di un’alleanza che si oppone al proprio progetto. Da una parte c’è il proseguimento dell’agenda del cosiddetto New World Order, modo con cui si intende un sistema centralizzato di controllo dove grandi multinazionali aumenterebbero a dismisura la loro sfera d’influenza facendo leva su emergenze create o esagerate ad arte come quelle per la salute, il clima, l’ambiente o la sicurezza pubblica, apportando un sistema di controllo dittatoriale che sfrutta le tecnologie telematiche che ricorda proprio quello del regime cinese. Dall’altro ci sarebbe la volontà di evitare l’instaurarsi di questo sistema, apportando un nuovo sistema finanziario: il Quantum Financial System, che sarebbe capace di rimischiare le carte in tavola. Il presidente russo Vladimir Putin ha incontrato i leader Paesi cruciali per sancire la fine petroldollaro come strumento di questo sistema. I vertici degli Stati Uniti hanno peccato di supponenza e superficialità dando per scontato che tutti avrebbero accettato la propria linea senza più pensare a un rilancio indipendente. I media di massa al servizio del cosiddetto mainstream stanno progressivamente ammettendo che si sta rafforzndo un nuovo sistema multipolare. Il mondo d’altronde non più organizzato su esigenze degli USA e del loro complesso industriale, che ha permesso loro di appropriarsi di materie prime a piacimento in ogni angolo del pianeta. I BRICS, consociazione sorta come alternativa a un sistema di scambi dominato dalle potenze atlantiche, si stanno allargando: oltre a Argentina e Iran, anche l’Arabia Saudita, storicamente vicina agli Stati Uniti, ha fatto il suo ingresso. Questi, a differenza della NATO, non paiono dominati da un solo gruppo dietro a un singolo Paese o pochi Paesi, che sovrastano tutti gli altri. Il progetto di costruzione di alternativa planetaria che abbia capacità di cooperazione non più secondo strapotere di una nazione è ormai una realtà. Potenze economiche e militari importanti quali Cina Russia e India, forti di popolazioni numerose e vasti territori ricchi di risorse, hanno un peso specifico importante. Gli equilibri sembrano cambiare. Il Presidente brasiliano Luiz Ignacio Lula ha proposto una moneta comune per gli scambi commerciali tra i Paesi di questo gruppo di cooperazione e il ricorso a transazioni con un mezzo di scambio diverso. Praticamente inosservato ma significativo risulta essere il fatto che la Russia abbia ristabilito indipendentemente il trattato di Bretton Woods per quanto la riguarda, riagganciando il valore della propria moneta all’oro. Se il mondo non usa più il dollaro cade il ricatto della moneta. In un siffatto contesto la morza oppressiva sull’Europa Occidentale, in modo particolare appunto sull’Italia, potrebbe quindi perlomeno allentarsi, creando nuovi spazi di manovra e di sviluppo economico. Si profila quindi una situazione per cui non c’è solo un solo blocco indisturbato ma nemmeno due poli contrapposti, bensì un rapporto di forze più equilibrato rispetto a quanto avvenuto precedentemente. Bisogna comunque vedere come e quanto i grandi fondi d’investimento, come e quanto gli ormai noti “tre giganti” Black Rock, Vanguard e State Street Global Advisors, possano ancora far valere la loro sfera d’influenza oltre gli schieramenti in questo nuovo assetto. La Storia in ogni caso va avanti, smentendo lo storico Francis Fukuyama che nel 1989 con il suo saggio La Fine della Storia e l’Ultimo Uomo ne aveva frettolosamente sancito la fine. Essa segue sì delle dinamiche ricorrenti, ma allo stesso tempo è capace di tracciare scenari nuovi e non sempre prevedibili.