Il film diretto da Ridley Scott con Matt Damon e Adam Driver affronta in modo realistico in Medioevo e lo fa rielaborando una vicenda davvero accaduta nella Francia del XIV secolo. In mezzo il tema della condizione femminile in una trattazione che si presta a una lettura moderna.
Una trasposizione attendibile del Medioevo
Il Medioevo è oggetto di numerosi stereotipi che trovano facile presa nelle trasposizioni cinematografiche. In questo cappa e spada invece non c’è spazio per eroi senza macchia ma per uomini crudi e veraci che si affrontano per io propri interessi. Non è un Medioevo fiabesco né grottescamente retrogrado. I nobili non combattono per gloria ma per denaro e matrimoni si fanno per interesse. Nella pellicola diretta da Ridley Scott, che come sua abitudine ha anche disegnato personalmente gli storyboard, vengono ritratti senza indugio cupidigia, meschinità e moralismo. Si tratta quindi di una messa in scena vivida, ben architettata e tutto sommato realistica. Le ambientazioni sono sontuose e la fotografia è sublime. Grande attenzione è stata data ai costumi di scena e alle acconciature degli attori, infatti le armature indossate dai protagonisti in battaglia sono riproduzioni di modelli dell’epoca.
La vicenda
Jean le Carrouges (Matt Damon) e Jacques De Gris (Adam Driver) sono due nobili del XIII secolo che vivono nel Nord della Francia. Hanno vissuto molte battaglia l’uno a fianco dell’altro rispettivamente come cavaliere e scudiero. Inizialmente non sono solo compagni d’armi ma anche fraterni amici. Nonostante questo non potrebbero essere più diversi: uno ha i colori chiari e i lineamenti da normanno, è rude e pratico, l’altro è scuro e è un uomo colto e raffinato, ma anche molto scaltro, tanto da riuscire a guadagnarsi la simpatia e la protezione di Pierre d’Alençon (Ben Affleck), conte e cugino del re Carlo VI. Le strade dei due si dividono e in mezzo c’è la nobildonna Marguerite de Thibouville (Jodie Comer) che Jean sposa in cambio di una dote in terreni e per la quale Jacques prova una forte attrazione.
Un film tripartito
La pellicola inizia con la minuziosa vestizione della sposa per poi passare all’arena dove si affrontano i due duellanti per poi proseguire fino al punto nodale della vicenda che viene mostrato ben tre volte. La scena cardine è narrata da tre punti di vista diversi, con poche ma significative modifiche che però non vengono enfatizzate dalla regia, invitando lo spettatore a fare attenzione ai dettagli. Jacques approfitta della temporanea assenza dal proprio castello di Jean per abusare Marguerite, malcapitata che finisce per essere un mero strumento per i due uomini.
Il duello
Sfidando i pregiudizi e facendosi coraggio la nobile ottiene un processo che sancisce che a stabilire se è stata davvero vittima di stupro da parte di De Gris sarà un Duello di Dio, l’ultimo narrato dalla Storia, cioè uno scontro il cui vincitore sarà considerato per volontà divina dalla parte del giusto.
I due uomini, un tempo amici ma divenuti acerrimi nemici, mettono a repentaglio la loro vita mossi dall’onore. Per Marguerite il prezzo da pagare per aver voluto far ascoltare la propria voce è suo malgrado la propria vita: se il marito venisse sconfitto lei verrebbe bruciata viva e spergiura. Da notare che prima dello scontro Le Griffe viene nominato cavaliere perché uno scudiero non può uscire vincitore contro un nobile di rango superiore, quindi il grado dei due deve essere equiparato. In un’epoca lontana dalla comparsa dei mass media, il combattimento tra i due contendenti impressionò così tanto gli astanti da avere una risonanza enorme nella Francia dell’epoca e i protagonisti divennero famosi. Dopo la tensione accumulata la violenza e la spettacolarità della battaglia appare catartica: il duello è crudo, violento e ben orchestrato. Si parte con lo scontro a cavallo con le lance, per poi passare a asce e spade per poi arrivare a conclusione con il “pugnale della misericordia” che passa attraverso le pieghe dell’armatura attraversando la gola dello sconfitto. Non si nota molto nel film ma i due avversari due avevano una buona differenza età: Le Griffe era il favorito in quanto più giovane e proprio questo lo spinse ad accettare. La resa dei conti è all’ultimo sangue tra due avversari di simile abilità e incrollabile forza di volontà, qui, sebbene si sia seguita la fonte storica, si perde un po’ in realismo a causa di qualche esagerazione, ma si può perdonare la messa in scena in nome di una vibrante e coinvolgente spettacolarità.
Considerazioni finali
Ridley Scott torna sul tema del duello con cui esordì nel cinema quattro decenni prima con un film dal forte sottotesto, nonostante una regia che evita di evidenziare situazioni e punti di vista, confidando come già visto nell’occhio del lettore. Cupi i colori, domina il chiuso gli interni dei castelli intervallati di contrasto da scene campali. Tutto questo fino al fragore della battaglia fra i due contendenti. In mezzo la figura femminile di una donna, seppur nobile, che cerca di far valere la sua voce in un’epoca in cui sovente il ruolo femminile era subalterno. Margherite porta avanti la battaglia per ottenere giustizia fondamentalmente da sola, stigmatizzata anche dalle altre donne, inclusa quella che considerava essere la sua migliore amica. In fondo non è che per egoismo, vanità e cupidigia che entrambi i guerrieri scendono nell’arena, incluso suo marito a cui preme soprattutto di riconquistare l’onore perduto. Si tratta di uno dei rari film che indaga su un tema scabroso e pesante come lo stupro e forse in questa scelta c’è l’eco dell’attenzione mediatica riservata all’argomento con il movimento Me Too contro le violenze di genere e gli abusi nato ufficialmente dopo alcune denunce nell’ambiente del cinema. L’adattamento del romanzo storico del professore di Letteratura Medievale Eric Jager ambiantato nel 1386 è stato sceneggiato dalla coppia Damon-Affleck, due amici nella vita che tornano a collaborare nella doppia veste di attori-sceneggiatori dopo Will Hunting del 1997, stavolta insieme a Nicole Holofcener, è asciutto e diretto. La scelta registica di mostrare ben tre volte la stessa scena con lievi varianti può risultare gravosa per qualche spettatore ma è finalizzata all’impronta che Scott ha voluto dare all’intero progetto cinematografico. Un brutale Medievo di fango, sangue e lame che elargisce in modo bilanciato adrenalina e riflessioni.