La nascita dell’agricoltura fu la più grande rivoluzione dell’umanità: da una struttura nomade o seminomade si passò a una stanziale con enormi ripercussioni su ogni aspetto. Nacquero le prime società politicamente organizzate il che diede il là alla comparsa delle civiltà. Quasi unanimamente si ritiene essere il più grande salto in avanti della Storia dell’umanità.
Ma ci sono stati soltanto vantaggi?
Un nuovo paradigma
L’antropologo Marvin Harris aveva idee molto chiare sulla questione. E vanno in direzione decisamente controcorrente. Nel saggio “Cannibali e re” si sostiene che le prime comunità paleolitiche di cacciatori e raccoglitori avevano dei ritmi lavorativi diversi, anzi che il concetto di lavoro com’è conosciuto era di là di venire. Si ritiene comunemente che l’agricoltura comparse in Medio Oriente e parallelamente in altre aree della Terra attorno all’8.000 avanti Cristo, mentre per altri studiosi si deve andare ancora indietro nel tempo a circa il 24.000 avanti Cristo. Un’epoca lontana ma che è poco per la Storia dell’uomo se, come si ritiene, l’Homo Sapiens esiste da ben 300.000 anni. Se si esclude l’esistenza di civiltà perdute che si sarebbero succedute nel tempo, tema peraltro dibattuto dall’archeologia e dalla filologia di confine la quale ritiene di aver individuato in testi antichissimi un’eco di questo passato, per centinaia di migliaia di anni l’uomo ha vissuto in una maniera radicalmente diversa dal modo in cui la stragrande maggioranza delle persone fa in ogni angolo della Terra. La pratica della coltivazione arrivò invece solo successivamente in Europa, con modalità su cui il dibattito è ancora aperto, in un periodo stimato tra gli 8.500 e i 5.000 anni fa. I meccanismi che questa novità innescò furono gli stessi ovunque. Per molto tempo secondo Harris l’attività umana dedicata al sostentamento non occupava solitamente più di due ore al giorno. Cacciare era un’attività dinamica e divertente, al contrario della stragrande maggioranza delle mansioni lavorative attuali, che sono spesso aride e ripetitive.
Cacciatori-raccoglitori; una società più a misura d’uomo?
Gli sport di squadra, dopo esser comparsi a partire dalla seconda metà del XIX secolo, hanno assunto una dimensione di rito sociale: si pensi al tifo da stadio. Alcuni antropologi ritengono che essi non riproducano simbolicamente una guerra come si potrebbe pensare, dato che ci sono due gruppi, leggi squadre, in contrapposizione. Invece questi rappresenterebbero un battuta di caccia con delle zone da conquistare, che corrisponderebbero appunto alle aree dove si fa punto o goal. E per il resto? C’è chi sostiene che ci si coccolava e spulciava a vicenda come fanno gli scimpanzè, il “grooming”. La socialità aveva un ruolo importante essendo l’uomo per natura un animale gregario ma oltre a questo doveva avere più spazio un’altra attività: il gioco. Oggi il gioco viene associato soprattutto all’infanzia, mentre gli adulti impiegano spesso il tempo libero in attività passive come assistere a uno spettacolo o, appunto, a un evento sportivo. I filosofi della Scuola di Francoforte notarono come questo avviene perché la maggior parte delle energie sono assorbite dal lavoro, che per molti altro non è che guadagnarsi il minimo per vivere in società, una sorta di pedaggio, per poi sostanzialmente rendere ricco qualcun altro, il datore di lavoro. Verrebbe poi da aggiungere che il gioco è un’attività considerata spesso da bambini in fondo perché spesso i “giocattoli” che si utilizzano da adulti, come le barche e le macchine sportive, sono spesso molto costosi e quindi ad appannaggio di pochi privilegiati. Il gioco rappresenta invece a ogni età un’attività fondamentale per l’individuo e per il suo benessere psicofisico: permette di applicare le facoltà cognitive, socializzarsi, scaricare le tensioni e…divertirsi!
Possibili riferimenti nella letteratura greca
Un tempo, quando attività pesanti e/o astratte non occupavano gran parte del tempo libero, l’individuo era più padrone delle sue giornate. Un quadro di questo tipi ben si adatterebbe alla descrizione compiuta dal poeta greco Esiodo dell’Età dell’Oro nel poema Le Opere e i Giorni, dove gli esseri umani avevano da vivere senza fatica e sudore. Parallelamente nei nei testi induisti viene riportata una descrizione simile. Ed anche nella successiva Età degli Eroi, anch’essa cantata da Esiodo, in cui si esaltava la piena espressione fisica di sé da parte soprattutto di giovani uomini, si potrebbe individuare una possibile eco del ricordo delle battute di caccia di gruppo.
In questo contesto non esistevano tabù di tipo sessuale perché la loro funzione di controllo della società non aveva senso, un po’ come nel modello sociale che illustrerebbero i bonobo, scimmie le cui “gesta” vengono glorificate in “Bonobo Power”, noto brano del cantante Caparezza. Nemmeno ci sarebbero disparità di bambini in base al ceto della famiglia di origine: sarebbero stati tutti figli della tribù indistintamente, senza differenze di risorse messe a disposizione e trattamenti. Questa condivisione ricorda la “comunanza di beni” per le classi dei governanti e dei guerrieri e “la comunanza delle donne” soltanto per in governanti a cui aspirava Platone nel suo modello di società ideale descritto ne “La Repubblica”.
Un’ipotesi sull’affermazione dell’agricoltura
Con l’agricoltura si è sviluppata una vasta espansione dei territori sui quali la proprietà “privata” esercitava un potere di controllo sui beni prodotti, sostituendo le norme sociali dei cacciatori-raccoglitori sulla condivisione del cibo al momento dell’acquisizione. L’introduzione dell’agricoltura avrebbe aumentato la produttività del lavoro di ricerca di fonti di sostentamento, incoraggiando l’adozione della proprietà privata e fornendo incentivi per gli investimenti a lungo termine richiesti in un’economia agricola. Secondo Samuel Bowles, economista del Santa Fe Institute negli Stati Uniti d’America e coautore di un relativo studio, i dati di ricerca non concordano con la lettura sopra esposta. Bowles ritiene infatti che fosse molto improbabile che il numero di calorie acquisite in una giornata di lavoro con l’avvento dell’agricoltura avrebbe reso questo cambiamento un’opzione di vita migliore rispetto a quanto avveniva nella fase di caccia e raccolta. Precedenti studi, compresi quelli su ossa umane e animali, suggeriscono che l’agricoltura in realtà non abbia avuto un contributo nutrizionale superiore sui primi utilizzatori e sul loro bestiame. Quindi, perché continuare a praticare la coltivazione stanziale? Altri studiosi hanno suggerito che una tecnologia inferiore avrebbe potuto essere imposta dalle classi dominanti delle comunità come strategia per esigere maggiori tasse, tributi o affitti. L’agricoltura si è sviluppata millenni prima dell’emergere di governi o élite politiche stabilizzate in grado di imporre un nuovo stile di vita alle comunità di cacciatori-raccoglitori ma ne ha costituito una premessa che pare necessaria. Bowles e il coautore Jung-Kyoo Choi, economista della Kyungpook National University in Corea del Sud, usano sia la Teoria evolutiva dei giochi (applicazione dei modelli provenienti dalla genetica delle popolazioni), elaborando una nuova interpretazione della rivoluzione agricola del Neolitico. Stando a questa ricostruzione l’affermazione dell’agricoltura sarebbe strettamente legata con la conseguente affermazione della proprietà privata, riprendendo il noto passaggio del filosofo Jean Jacques Rousseau tratto dal saggio Discorso sull’origine e i fondamenti della diseguaglianza per cui “Quando il primo uomo ha recintato una terra ed ha detto questo è mio, dà lì sono nate le diseguaglianze”. Grazie alla coltivazione di campi e agli insediamenti stanziali si stabilì anche il controllo delle risorse, motivo cardine dei conflitti dalla notte dei tempi. Sarebbero comparse le prime élites definite grazie al controllo dei terreni e conseguentemente le disuguaglianze e quindi lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. I proprietari avrebbero avuto modo così di imporre tributi ed esigere obbedienza, sarebbe quindi comparso il potere istituzionalizzato e quindi avrebbe così preso corpo un modello di società piramidale di fatto fondato sulle diseguaglianze sociali.
La proprietà sul bestiame veniva così definita su base territoriale. Secondo questo studio le condizioni umane non sono migliorate da subito con l’agricoltura: si sarebbe passati da due a sei ore di lavoro quotidiano e questo via via si fece più duro. A suffragio di questo concetto si potrebbe inquadrare, stando ai fossili rinvenuti, un drastico calo della statura media in Europa che crollò con l’avvento dell’agricoltura nel Neolitico, passando da una media simile a quella delle attuali popolazione dell’Europa settentrionale nel Paleolitico Superiore a quelle storicamente conosciute, salvo poi risalire nettamente con il miglioramento delle condizioni di vita e dell’alimentazione per le masse solo nel XX secolo.
Conclusioni
Quali conseguenze potrebbe avere questa ardita e iconoclasta visione di un così cruciale capitolo del percorso dell’umanità? Spesso si ritiene che il modello attuale di società sia l’unico attuabile ma per la stragrande maggioranza del tempo si è vissuto in maniera diversa: non deve sorprendere che il passaggio alla stanzialità possa esser avvenuto, almeno all’inizio, soprattutto per la spinta dell’interesse di pochi, che dalla loro hanno avuto l’allettante proposta di poter promettere maggiore sicurezza in cambio di maggior libertà, classico dilemma sui fondamenti delle società umane, anche moderne. D’altronde l’avidità e la fame di potere hanno caratterizzato la Storia tramandata da fonti e documenti. Alla luce di questo bisognerebbe ripensare alla società, anziché restare ancorati a dogmi apparentemente inamovibili, laddove si possa davvero rendere l’esistenza più piena, felice ed equilibrata per tutti.
Riferimenti
Jean Jacques Rousseau, Origine della disuguaglianza, Milano, Feltrinelli, 2008
La critica della civiltà dei consumi nell’ideologia di Pier Paolo Pasolini, tesi di laurea di David Sciuga, Università degli Studi della Tuscia, Viterbo 2012
https://www.treccani.it/enciclopedia/l-idea-di-rivoluzione-neolitica-e-il-processo-di-trasformazione-economica-e-sociale_%28Storia-della-civiltà-europea-a-cura-di-Umberto-Eco%29/
NUOVE TEORIE SULL’ORIGINE DELL’AGRICOLTURA E DELLA PROPRIETA’ PRIVATA