Siamo abituati ormai da tempo a vedere il mondo Liberal reagire sempre e in un solo modo: con un pensiero uniforme ed eterodiretto, pertanto; sempre favorevole con simultanea omogeneità a tutte le istanze che fanno parte del packaging del progressismo odierno. Basti vedere come, il Green e il Gretismo, gli estremismi propugnati da LGBT, il filosionismo, il vaccinismo acritico ed estremista, il filoatlantismo di stampo DEM, la Cancel Culture, la “Putinfobia”… trovino sempre una continuità e un volume d’insieme verso quella parte del popolo ormai “ingegnerizzata”, anche se queste idee, osserviam bene, non necessariamente sono propedeutiche tra loro. Il caso della censura subita dalla giornalista, scrittrice e consulente politica statunitense Naomi Wolf appare paradigmatica e spinge ad una riflessione in tal senso.
I media hanno certamente confezionato un bipolarismo dalla geometria simmetrica, composto da due pacchetti non scomponibili nei loro singoli elementi e l’uno, reagisce in antitesi all’altro, per una partita che finisce sempre 0-0. L’effetto ottenuto è quello della disattivazione del dissenso sano e costruttivo e dello svuotamento dell’opinione pubblica. Anche le geometrie apparentemente più “euclidee”, tuttavia, possono diventare come il Labirinto di Escher quando le incoerenze e le verità evidenti emergono, soprattutto se queste mettono in luce un fenomeno: una crisi democratica ormai innegabile, ove la libertà recede sempre più a favore della tecnocrazia. Una delle tante dimostrazioni è la persecuzione verso un soggetto come Naomi Wolf. Quest’ultima non è certo una conservatrice, ma le sue denunce contro le criticità dei vaccini sperimentali mRNA e l’atteggiamento autoritario di chi sostiene i poteri d’emergenza hanno sollevato l’attenzione di Twitter. Forse era giunto il momento di attuare con Naomi il metodo usato già con Donald Trump:
Censura di Regime
Gli sviluppi pandemici sono stati sinergici e simultanei a quelli della progressiva erosione delle democrazie e in questo, un ruolo significativo è stato svolto dalla gestione della comunicazione e dell’informazione. Le aree tecniche di risposta all’emergenza sanitaria sono diventate il pannello di controllo per imporre una tecnocrazia, la cui valenza antidemocratica non ha ormai bisogno d’esser nascosta essendo l’opinione pubblica sostanzialmente acritica e in embargo da informazioni attendibili. Al contrario, la stessa tecnocrazia, ambisce alla sua trasformazione definitiva, quella d’essere una religione. Già nel lontano 2016, si osservava in altre sedi come la tecnocrazia era in procinto di evolversi a religione, con i rischi a cui espone il dogmatismo scientifico. Naomi Wolf, non rientra certamente in quel profilo di personaggi “populisti”. L’ex advisor di Clinton è infatti una voce molte volte acclamata nell’ambito del femminismo; una firma seguita di giornali come The Nation, The Guardian, e The Huffington Post, ammirata da individualità di spicco nell’attivismo come Gloria Steinem e Betty Friedan. Sebbene quindi la Wolf, sia un soggetto non accusabile di fascismo, populismo o complottismo la censura per lei è stata rapida e quasi già annunziata da Febbraio. Già allora, a riguardo dello stato di emergenza e delle chiusure a causa della pandemia da Covid-19 dichiarava:
“Stanno usando quel potere per impegnarsi in ordini di emergenza che semplicemente ci spogliano dei nostri diritti: diritti di proprietà, diritti di riunione, diritti di culto e tutti i diritti garantiti dalla nostra Costituzione“
Come dimenticare quando, sempre a Febbraio, la stessa Wolf, andava ospite addirittura dal divisivo e corrosivo Tucker Carlson. Nello show Tucker Carlson’s Tonight di Fox News, l’autrice di San Francisco, asseriva che gli USA , sotto Joe Biden, stanno diventando uno stato totalitario sotto gli occhi di tutti.
Misure totalitarie
Giungiamo rapidamente da questi antefatti ai giorni odierni. L’autrice del bestseller “The Beauty Myth” ha avuto lo stesso trattamento dell’ex presidente USA Donald Trump. La misura di Twitter ha messo in difficoltà la platea progressista, non potendo dare della “complottista”, fascista e populista ad un profilo come quello della Wolf, idolo di tante femministe e altrettanti “spiriti ribelli”. Molti hanno esultato e plaudito all’intervento reazionario del social, altrettanti hanno espresso dissenso giudicando questa misura anti-democratica. Tra le molte cose che hanno permesso alla Wolf di guadagnarsi l’esclusione da Twitter non ne mancano certo di gravi o interessanti, come quella dove lei sostiene che i passaporti vaccinali hanno: “ricreato una situazione che mi è molto familiare come studente di Storia. Questo è stato l’inizio di molti, molti genocidi”.
Tutto questo solleva una domanda strettamente contingente, vale a dire quella che ci vedrebbe indecisi se riconoscere Naomi Wolf come povera ingenua o come l’ultima vera liberale rimasta nella cosiddetta “sinistra”. Tale domanda è tuttavia insignificante rispetto alle altre più ampie. Inevitabile interrogarsi su che tipo di messaggio possa dare una parte del popolo che si dichiara favorevole, se non addirittura gioioso, della soppressione della libertà di parola di una attivista, specie se questa, come la Wolf, è della loro fazione.