Ikigai è un termine della cultura giapponese che in breve indica il motivo per cui ci si alza la mattina, che è allo stesso tempo è fonte di gioia e sostentamento. Non è un semplice essere ligi alle necessità come l’asservito e mediocre Fantozzi, ma intraprendere un processo senza fine alla scoperta di se stessi e alla valorizzazione della propria natura.
Imparare a trattenere solo quello che ci rende felici, oltre a quello che è strettamente necessario è il primo passo da fare per raggiungere questo centro: guardarsi dentro per rendersi coscienti di quello che porta gioia e quello che è presenza senza un motivo preciso, un po’ come si fa quando in casa si dividono gli oggetti utili da quelli che invece non servono più oppure non sono mai serviti. In altre parole il processo da fare è mettersi in cammino per riequilibrare le varie istanze della propria vita e quindi mettere a fuoco il proprio posto nel mondo. La chiave per la felicità che viene dal Giappone è una via che richiede impegno, dedizione e autoascolto ma a detta di chi la sperimenta sa dare frutti incommensurabili.
Il caso dell’isola di Okinawa
Il concetto di Ikigai è particolarmente ferrato nella cultura dell’isola giapponese di Okinawa, nell’arcipelago di Ryukyu all’estremo Sud del territorio del Sol Levante, nota anche per aver dato i natali alla celebre arte marziale del karate. Gli abitanti di Okinawa sono oggetto di studio perché sono tra i più sani e con la più alta speranza di vita al mondo, riuscendo non di rado a superare il secolo di vita: la loro longevità è diventata proverbiale.
Una caratteristica della comunità dell’isola è il fatto che gli abitanti sono ben inseriti nel tessuto sociale, che è molto coeso e compatto, e che solitamente continuano a esercitare la loro attività lavorativa ben oltre la soglia della pensione. In Occidente invece la pensione troppo spesso comporta una sorta di morte sociale dell’individuo che si isola venendo meno quella che percepisce come utilità sociale, il che purtoppo lo porta sovente a chiudersi in se stesso e a spegnersi nell’apatia. Imparare dalle culture altrui è qualcosa che amplia i propri orizzonti e relativizza la normalità in cui si è immersi, ricordando che quest’ultima non è che una delle tante possibilità.
Ma stavolta c’è molto di più: questo bellissimo concetto filosofico che viene dal Giappone che è anche qualcosa di estremamente concreto, può indicare, giorno per giorno, la strada maestra per una vita soddisfacente e densa di significato.
Significato del termine “Ikigai”
Ikigai è uno di quei termini che non hanno un esatto corrispettivo, in quanto espressione tipica della cultura di provenienza. È costituito da “Iki” che significa “vivere” e da “gai” che sta per “senso” o “scopo”, ma significa anche ragione. Si può essere portati a tradurre il termine come “ragione di vita”, ma non basta: il concetto abbraccia anche vivere con un continuo e rinnovato senso di soddisfazione e di appagamento che poi conseguentemente porta anche a trovare il proprio posto nel mondo. Tutta questa quiete dell’anima allo stesso tempo è infiammata da un forte senso di autorelizzazione e dall’irrefrenabile sensazione di sentirsi vivi. L’unica estrema sintesi che regge è affermare che l’Ikigai è il motivo per cui, al netto di necessità e costrizioni, è il motivo per cui ci si alza la mattina.
Ikigai come percorso di vita
L’Ikigai è anche partecipazione alla collettività: ci si immerge nel mondo con un entusiasmo e una volontà che portano a condividere la propria passione e contagiare gli altri a percorrere lo stesso percorso condividendo la propria esperienza. Spesso capita di rincorrere giustamente le necessità, farsi ammaliare da mode e tendenze passeggere finendo a volte per dimenticare quali sono le cose che più ci accendono. Per scoprire la propria strada alla realizzazione continua non c’è un cammino univoco per tutti: ognuno, con le proprie inclinazioni, il proprio ambiente e il proprio vissuto, deve farsi strada nella sua maniera.
Che cos’è concretamente l’Ikigai
Questo potente e affascinante concetto nipponico viene reso graficamente come quattro cerchi che si intersecano: passione, missione, vocazione e professione. Bisogna innanzitutto scoprire ciò che amiamo fare, ciò che ci riesce bene fare, ciò che amiamo fare, facendoci sentire vivi. Ma non solo: bisogna anche comprendere che cosa si può donare alla società con il proprio operato, cioè quali benefici apportare al prossimo. Anche la propria soddisfazione personale e il proprio sostentamento economico sono aspetti da considerare per la propria completa realizzazione. L’Ikigai si esercita ogni giorno dando luce e valore alla quotidianità e non è un traguardo raggiunto una volta per tutte, bensì un’esperienza sempre nuova in cui rituffarsi giorno per giorno. Passione, missione, vocazione e professione: la fusione di questi elementi dona il senso della vita, del proprio unico e personalissimo senso della vita.
Questo concetto si provare espresso in due serie i cui protagonisti compiono un perfetto percorso di chi trova (o ritrova) il proprio Ikigai riuscendo così a dare la svolta necessaria alla loro vita.
L’Ikigai nel manga e anime Hajime No Ippo
Il protagonista di Hajime No Ippo (titolo che significativamente è traducibile come il “il primo passo) è un adolescente di Tokyo dolce e timido, ma anche grigio e remissivo di nome Ippo Makunouchi. La scomparsa del padre lo obbliga a una vita di sacrifici: deve aiutare la madre prima di andare a scuola oppure in piena notte a lavorare nell’impresa di famiglia che affitta barche ai pescatori. Alcuni bulli lo prendono di mira approfittando della sua indole remissiva, scherniscono dicendogli che puzza di pesce. Quando arriva una sua seppur pavida reazione il trio incomincia a pestarlo. Fortuna vuole passa di lì un giovane uomo prestante intento ad allenarsi con la corsa, si ferma e salva il ragazzino mettendo al tappeto i tre bulli con irrisoria facilità. Ippo scopre che quell’uomo misterioso è Mamaru Takamura, un astro nascente del pugilato e volendo acquisire la stessa sicurezza che questi aveva sfoggiato con grande disinvoltura, comincia a fare boxe. Il remissivo studente sembrava la persona meno indicata per praticare uno sport così violento eppure fa ricredere tutti. Ippo cambia radicalmente: trova una sua centratura nella disciplina degli allenamenti e la sua autostima cresce di pari passo con il sudore versato e i successi sul ring. Una volta diventato un brillante pugile non ha nessun interesse a cercare una vendetta con i suoi ex bulli, che si scusano e diventano addirittura suoi sostenitori. Ippo con la boxe è riuscito a liberare la tigre che aveva dentro: tutti si stupiscono come un ragazzo dai modi così gentili possa essere così aggressivo quando indossa i guantoni.
La maturazione di Ippo prosegue con la sua carriera di pugile professionista e la sua vita, scandita nella quotidianità dagli allenamenti e dalle amicizie che ha trovato con il pugilato, lo rendono una persona finalmente piena. l’Ikigai è autodisciplina ma anche gioia e divertimento.
L’Ikigai nella serie Netflix Cobra Kai
Il protagonista di Cobra Kai, serie sequel e spin-off della trilogia cinematografica originale di Karate Kid (1984-1989), è Jonnhy Lawrence, un uomo di mezza età sciatto e privo di obbiettivi che vive di lavori saltuari e poco gratificanti. Da ragazzo era un campione di karate, ma incontrò sulla sua strada Daniel Larusso, un giovane mingherlino e apparentemente indifeso, che lo batté nella finale dell’All Valley Tournament di Los Angeles. Questa sconfitta gli costò la fiducia di John Kreese, il suo sensei al dojo del Cobra Kai, che gli disse che era un fallito, arrivando addirittura a tentare di ucciderlo. Dopo quell’episodio la vita di Johnny, che fino a quel momento era il ragazzo più in vista della scuola, si trascina senza un focus e circa trenta anni dopo si ritrova a vivere un’esistenza scialba e insoddisfacente: significativamente la prima puntata si intitola “Asso degenerato”. Il caso vuole che il suo nuovo vicino di casa fosse Miguel, un nerd ispanico preso di mira dai bulli. Johnny si ritrovò ad assistere a un principio di pestaggio da parte di un gruppo di bulli nei confronti di questo ragazzino e quando quest’ultimo venne sbattuto sulla sua macchina, intervenne sfoggiando le sue eccezionali capacità di artista marziale atterrando con facilità il gruppo di teppisti. Miguel, ammaliato da quanto aveva visto, chiese al suo salvatore di insegnargli il karate così l’ex stella del Cobra Kai capì che doveva mettere a disposizione il suo talento e la sua esperienza per fare del bene a qualcuno che ne aveva bisogno. Rimise in piedi una palestra di karate rifondando il Cobra Kai e Miguel forte degli insegnamenti del suo maestro, riuscì a battere i bulli, ottenendo finalmente rispetto e acquisendo una nuova sicurezza in se stesso. Altri ragazzi emarginati, colpiti dalla trasformazione del primo allievo di Johnny, seguirono il suo esempio e si iscrissero: il Cobra Kai aveva ripreso a far parlare di sé, Johnny aveva ritrovato passione, un sostentamento economico e utilità sociale. Johnny Lawrence, è importante sottolinearlo, non va avanti come un automa ma si mette sempre in discussione, si aggiorna e aggiusta la sua direzione se necessario. La sua fiamma aveva ripreso a bruciare. L’Ikigai è una fiamma che arde.
Riferimenti
Le Yen Mai, Il Pensiero Giapponese, Milano, Giunti Editore S.p.A., 2020