Il fondatore di Signal Moxie Marlinspike si offre all’immaginario della fantapolitica come una specie
di salvatore delle libertà personali e della tutela della privacy. In un contesto dominato dal controllo
gentile delle autorità e dello spionaggio internazionale il confine tra libertà personale, riservatezza e
diritto alla sicurezza è alquanto labile.
Fino a che punto le autorità e i servizi segreti dei governi mondiali hanno il diritto di intrufolarsi nella vita
privata dei membri della comunità di reti come internet ? Dopo il celeberrimo Edward Snowden ecco un
altro anarchico della Silicon Valley pronto a speculare sul problema condiviso della sicurezza dei dati.
COS’È SIGNAL
Potremmo in un certo senso definire Signal, insieme al russo Telegram, come l’anti WhatsApp; ossia
un’applicazione di messaggistica istantanea concepita per tutelare la sicurezza dei suoi utenti, in un
contesto nel quale i grandi della comunicazione mondiale divengono delle lobbies che venderebbero i
dati personali delle persone alle autorità governative e a enti privati.
Sta di fatto che Signal è un sistema di messaggistica istantanea basato su un processo di crittografia
end to end il che vuol dire, semplicisticamente, che se un hacker si inserisse in una conversazione
privata tra due o più soggetti, vedrebbe solo delle stringhe di numeri incomprensibili.
Le conversazioni su Signal sono leggibili
solo da mittente a destinatario.
La domanda che rimane preponderante, a questo punto, è se veramente sia possibile, nell’era della
globalizzazione, creare una forma di tecnologia pensata per essere in linea con la volontà delle persone.
Quelle persone che desiderano ed amano condividere pensieri, foto e ricordi con i propri amici e non
con le società che offrono loro tali piattaforme, quali Google o Facebook.
Questo sarebbe l’intento del fondatore di Signal Moxie Marlinspike amico di
Edward Snowden, considerato come lui un simbolo della sovversione e un profeta dell’anti-sistema.
In effetti se da un lato secondo chi scrive si possa ritenere vero che Edward Snowden si sia macchiato
di un crimine, divulgando segreti di Stato, dall’altro è innegabile che la questione della privacy on-line
stia sempre di più diventando un problema per la comunità internazionale.
Il fondatore di Signal Moxie Marlinspike ha origini georgiane, è cresciuto tra gli attivisti anarchici e la
sua è una visione “liberale”, auspicante non solo che le persone possano dire quello che pensano, ma
che possano farlo senza che altri vengano a conoscenza del contenuto delle loro conversazioni.
Un diritto legittimo? Sì, ma allo stesso tempo è altrettanto legittimo che un governo tuteli la sicurezza
pubblica e, diffondere l’idea che questi movimenti anarchici abbiano ragione ad estromettere le autorità
dai sistemi di comunicazione di massa, potrebbe essere pericoloso.
UN PROBLEMA DI LEGALITÀ
Il fondatore di Signal Moxie Marlinspike è stato dipendente del sito di microblogging Twitter in
qualità di capo del gruppo di lavoro della sicurezza, da cui si licenziò all’inizio del 2013 rinunciando a
circa un milione di dollari in azioni.
Perché lo ha fatto? Per fondare la società no profit Open Whisper Systems e lavorare alle versioni
Open Source di RedPhone per le chiamate, e TextSecure per la messaggistica, considerabili come i progenitori di Signal.
Moxie non si prende nessun merito per la crescita di Signal.
Per lui è un sistema di comunicazione crittografata end to end open source.
Chiunque può apportarne modifiche e condividerle
con la comunica degli hacker che ne fanno parte, ovviamente essendone capace.
Moxie deve molto a Edward Snowden; un’amicizia che ha alimentato in lui l’interesse per la
crittografia. Un bisogno di sicurezza personale per sfuggire ai governi spia.
Un governo ci spia o ci protegge? Questa dovrebbe essere la domanda di chi si ritrova affascinato da
figure quali Snowden o Marlinspike.
Un sistema crittografato end to end è uno strumento per tutelare la propria privacy o un’arma in più
al servizio di spacciatori, pedofili, narcotrafficanti e terroristi?
Fino a che punto la nostra privacy
vale più della nostra sicurezza?
Il problema di fondo è che vi sono realtà globalizzate, nel panorama dell’informazione digitale e dell’
Hi–tech, che non sono disciplinate a livello internazionale e la cui operatività resta appesa in un limbo nel quale è difficile discernere i confini di legittimità.
Un problema che spazia dall’ambito fiscale, relativo a come tassare gli introiti di realtà imprenditoriali
quali Facebook e Google, per finire all’ambito della responsabilizzazione circa il possesso e la gestione dei dati personali di milioni di utenti.
Se si è trovato il modo di obbligare banche, istituti previdenziali, uffici pubblici a trattare con
responsabilità i dati riservati degli utenti, non si è riuscito a farlo con i social network e i servizi di messaggistica istantanea.
Se tutte le imprese vengono costrette a pagare le tasse, in relazione a dove hanno la sede legale e in
relazione ai Paesi esteri dove operano, lo stesso non avviene per multinazionali quali Facebook, Twitter, Google e similari.
Arrivati a questo punto conviene domandarsi se effettivamente questi nerd anarchici della Silicon
Valley siano dei messia dei diritti umanitari, oppure siano parte integrante di quel sistema che dicono di voler combattere.
Non è un segreto che lo stesso Signal sia un software utilizzato a livello governativo; ne hanno fatto
uso il Comitato nazionale democratico statunitense, il Senato americano, la Commissione Europea, le
forze dell’ordine di vari paesi e l’ex sindaco di New York Rudolf Giuliani, nonché molti dell’amministrazione Trump.
Lo stesso Snowden ha collaborato a progetti governativi dai quali si è dissociato quando è fuggito in
Russia e, innegabilmente, tradendo il proprio Paese.
A questo punto se da un lato sta a cuore a tutti la tutela della privacy, dall’altro sta a cuore a tutti anche
la tutela della sicurezza e dell’incolumità personali.
In questo contesto globalizzato è giusto, entro certi limiti, che faccia paura che delle autorità
governative entrino in casa dei cittadini, si infiltrino nei loro dati personali o abbiano accesso alla vita privata delle persone.
Dovrebbe tuttavia far riflettere il fatto che in un contesto di democrazia liberale è lo Stato a dover
detenere il controllo legittimo dell’ordine pubblico.
In un contesto democratico dovrebbe essere impedito ad un’azienda privata come Apple di rifiutarsi
di fornire l’accesso ai dati di un terrorista alle autorità competenti.
Questo è accaduto proprio pochi anni fa nel corso degli attentati di Parigi al Bataclan, quando i
servizi segreti hanno richiesto l’accesso all’I-Phone di uno dei terroristi e Apple ne ha tutelato la
riservatezza rifiutandosi di darne lo sblocco.
In un contesto democratico non dovrebbe succedere che un monopolio dell’informazione
globalizzata di massa, quale l’asse Facebook, Twitter e Instangram silenzino il profilo di un
Questo è quello che è accaduto durante gli episodi di Capitall Hill ed è grave perché in una
democrazia è necessario che certi interventi vengano presi su iniziativa di uno Stato legittimato ad
esercitare il potere e non direttamente dall’arbitrio del possessore dei mezzi di comunicazione.
UN PROBLEMA DI INTENTI.
Il fondatore di Signal Moxie Marlinspike, come Oliver Snowden o Julian Assange sono stati dei
paladini delle libertà personali e dei diritti fondamentali oppure delle strumentalizzazioni di marketing mediatico?
In altre parole è lecito che Oliver Snowden, dipendente della CIA e consulente dell’Agenzia per la
sicurezza nazionale statunitense (NSA) scappi in Russia dopo aver divulgato segreti di Stato?
È lecito che Moxie Marlinspike sia idolatrato per aver ideato un sistema che, tra le altre cose, rende
ancora più difficile per le autorità smascherare cellule terroristiche e reti di malviventi?
Sarebbe piuttosto interessante capire perché non si riesca a fare in modo che i sistemi tecnologici di
condivisione dei dati siano regolamentati come ogni altra attività o dispositivo che debba servire a scopi leciti e trasparenti.
Una regolamentazione chiara e trasparente eviterebbe abusi di potere da parte di società private,
quali Google o Facebook, permettendo ai governi di operare sui dati riservati della comunità
nell’interesse della collettività stessa.
Siamo di fronte a dei patrioti o a gente che
specula sui vuoti normativi del cyber-spazio?
Quello che si osserva è un attacco sconsiderato e diretto al principio di legalità che consente a
governi legittimi di violare le libertà personali per poter garantire la sicurezza.
Anarchici vengono osannati come paladini della giustizia, mentre le realtà parallele che essi
creano sono spesso un sistema nell’anti-sistema le cui finalità, qualora fuoriescano dalla legalità, sarebbero difficili da arginare.
Si pensi ad esempio alla tematica delle cripto-valute, a come esse creino una finanza parallela che,
il più delle volte, serve solamente ad alimentare la pirateria informatica e la speculazione finanziaria.
All’opinione pubblica viene venduta come la medicina definitiva, come la panacea dal male del
controllo serrato delle Banche Centrali, senza considerare che una valuta digitale diviene essa
stessa un sistema, ma un sistema senza regole.
Davvero è sensato pensare che nell’anti-sistema ci siano solo benefettori che non si arricchiscono
alle spalle di nessuno? Oppure, forse, chi si fa proselita di un antisistema è più facilmente qualcuno
che aspiri ad avere un sistema da controllare in prima persona?
La vera medicina per questo problema potrebbe quindi essere quella di creare una normativa idonea
dal punto di vista fiscale e della tutela dei dati, affinché gli utenti non debbano essere costretti ad
affidarsi ad hacker e figure poco chiare per veder tutelata la propria sfera personale.