Pensare allo Stato di diritto come ad una conquista delle trionfanti democrazie liberali
dello scorso secolo, significa rendere giustizia alla tesi che
Fukuyama propose nella sua teoria sulla “Fine della Storia”.
Una “fine” da molti criticata, in quanto presa in esame nel suo significato letterale,
ma che nelle intenzioni del politologo era Piuttosto finalizzata a
stigmatizzare il concludersi
di un ciclo storico.
Finiti gli imperialismi europei e le esperienze dittatoriali, in seguito alle due guerre mondiali,
quello che rimaneva era il confronto ideologico tra il modello democratico occidentale
e quello socialista-comunista dell’emisfero euroasiatico.
Con il crollo del’ Unione Sovietica si portava a compimento un ciclo secolare che, negli anni ‘70 ed ‘80,
era stato preparato dal dilagare del modello democratico anche
nell’Europa del sud e nell’America Latina.
Gianfranco Pasquino nella sua prefazione all’ultima edizione della “Fine della Storia e l’Ultimo Uomo”
focalizza l’attenzione proprio sull’ultima parte del titolo nel saggio di Francis Fukuyama.
Quell’”Ultimo uomo” che nessuno dei suoi critici più accaniti
sembrava aver tenuto in considerazione nelle sue polemiche.
L’”Ultimo Uomo” è proprio l’erede della fine di un ciclo storico
tanto cruciale quanto secolare nella storia imperiale europea dei secoli XIX e XX.
Lo stesso Fukuyama, nell’introduzione all’ultima edizione 2020 del suo saggio epocale, recupera la sua difesa partendo dal concetto di “Ultimo Uomo”.
È infatti questo il responsabile e l’erede delle democrazie liberali e del modello dello Stato di diritto.
L’”Ultimo uomo” sarebbe colui cui spetta il compito di finalizzare
al meglio il potenziale del modello democratico e liberale, guidandolo al progresso sociale.
Entra in gioco, pertanto, ogni forma di sano equilibrio tra il modello capitalistico trionfante
e gli interventi dello Stato volti a garantire equa giustizia sociale.
Ecco quindi che la tesi di Fukuyama va oltre;
lasciando spazio all’individuo contemporaneo per provare ad avvicinarsi, quantomeno, ad un modello di società ideale
sfruttando i meccanismi offerti dal modello democratico liberale.
Ed è proprio con il suo ultimo riferimento ad Hegel che
Fukuyama manifesta la sua consapevolezza di una storia in continuo divenire.
Una storia che non può finire mai se non nei suoi cicli,
i quali sono il preludio per nuove
prospettive di scenario e di analisi.
Nell’introduzione all’ultima versione della “Fine della Storia e l’Ultimo uomo”, Francis Fukuyama
analizza il paradosso del meccanismo di contrapposizione padrone/ schiavo proposto da Hegel.
Questi vedeva nelle società umane un irrefrenabile bisogno di riconoscimento di valore.
Platone nella sua Repubblica aveva definito questa tensione alla ricerca di gratificazione e valore
come una sorta di coraggio, mosso dal lato recondito nell’anima che chiamava Tymós.
In Hegel il Tymós
è il motore del
processo storico.
La risposta al bisogno di essere riconosciuti dagli altri genera una spinta verso l’esterno
che porta all’eterna contrapposizione dialettica
per guadagnarsi un posto nella società e quindi un riconoscimento.
Gli imperialismi dei popoli che sfociano nelle guerre,
quella che in Marx diviene a livello sociale lotta di classe,
i contrasti culturali insiti nelle guerre di religione e il bisogno dei migranti di oggi di trovare un posto nel mondo,
sarebbero le risultanti di questo tymós il motore incessante della Storia.
Nel paradigma padrone/schiavo i padroni si sentono inappagati nel poter dominare solo sugli schiavi e non su altri padroni,
mentre gli schiavi non sono riconosciuti come esseri umani degni.
Nella Rivoluzione Francese, il paradigma signoria/ servitù
trova una sintesi nella nascita dello Stato di diritto, di cui la nuova classe borghese si fa interprete.
Nelle conquiste della Rivoluzione Francese Hegel vede, attraverso il riconoscimento formale dei diritti di libertà,
quel momento di sintesi in cui tutti trovano un riconoscimento formale della propria identità.
Se pur la storia continuerà a proporre cicli, fondati sul bisogno di affermazione di uno su qualcun’altro,
con la nascita dello Stato di diritto si ha avuto l’occasione di creare un momento di sintesi in cui riconoscersi.
Le guerre imperialistiche che hanno fatto da sfondo, nel corso della storia europea degli ultimi due secoli, al progressivo
affermarsi dei diritti di libertà,
erano finalizzate all’estensione di questi diritti di libertà a livello sostanziale
e sono culminate con il tramonto dei totalitarismi del Centro Europa e la nascita di un confronto bipolare.
Questo, con la vittoria del modello democratico occidentale,
ha lasciato L’”Ultimo uomo” nella piena facoltà di porre a servizio del miglioramento sociale e della pace universale
gli strumenti della democrazia liberale e dello Stato di diritto.
Per il resto la Storia, attraverso la fine di ogni suo ciclo, è destinata a proseguire
animata dal continuo bisogno di superare il paradigma signoria/servitù.
La Storia non finisce, continua ripartendo dall’”Ultimo Uomo”
e dall’uso che questo fa del progresso apportato dal ciclo precedente.
Zlavoj Zizek sintetizza la visione hegeliana nel concetto di “disparità”, in un omonimo saggio,
nel quale mette in luce la perentoria immortalità della Storia, dovuta alla contraddizione nelle cose.
La dialettica hegeliana,
come la disparità di Zizek,
sono contraddizione.
La contraddizione è movimento nella Storia e, attraverso essa,
tentativo di ricercare ogni volta un riconoscimento di valore.
Una ricerca mossa, di volta in volta, da un popolo, da una minoranza etnica o religiosa, da un movimento per i diritti o da un ideale,
ammesso che di questi si possa ancora parlare nella società di oggi.
Comunque stiano le cose la Storia di Fukuyama non finisce nel suo decorso, bensì solo in uno dei suoi cicli.
In uno dei suoi cicli più significativi, per gli ultimi due secoli, la Storia è certamente finita.
Adesso e domani ci sarà L’”Ultimo Uomo” a interpretare di volta in volta la disparità
che la contemporaneità del momento vorrà, di volta in volta, proporre al flusso degli eventi.
Ci troviamo quindi sull’orlo della conclusione di un ciclo storico e all’inizio di uno nuovo, che è alla ricerca a di nuovi protagonisti capaci di imprimere il proprio segno su pagine ancora tutte da scrivere.
Bibliografia:
– Francis Fukuyama, La fine della storia e l’ultimo uomo, Ed. UTET, Milano, 2020
– Zlavoj Zizek, Disparità, ed. Ponte delle grazie,Milano, 2016
– Platone, La Repubblica, ed. Economica Laterza, Bari, 2016