La lingua è una fondamentale espressione della cultura di un popolo, del suo modo di intendere la realtà, della sua Storia. La lingua italiana rispecchia un retaggio straordinario, ma si distingue anche per musicalità e ricchezza espressiva. Tuttavia l’italiano, più di altre lingue sta attraversando una massiccia fase di anglicizzazione che, oltre a snaturare la lingua, assume un ruolo che tocca più aspetti. L’Italiano non deve diventare italenglish
Storia della lingua italiana
L’Italiano, come per esempio il Francese e lo Spagnolo, è una lingua derivata dal Latino, diffuso dall’espansione di Roma antica prima in tutta la Penisola poi in gran parte d’Europa. L’Italino ha successivamente accolto dei prestiti linguistici che rispecchiano l’articolata e complessa storia del popolo che lo parla.
La ligua: specchio della cultura di un popolo
Non molti sanno che un buon 20% dei termini italiani è di origine germanica, giunto essenzialmente con i regni romano-barbarici, nati sulle ceneri del glorioso Impero Romano, che portarono il riversarsi di intere popolazioni : Eruli, Ostrogoti, Longobardi e Franchi e in misura minore di genti quali Alemanni, Baiuvari, Sassoni e Gepidi. Inoltre la parziale riconquista da parte dell’Impero Romano d’Oriente, i cosiddetti Bizantini dal nome della loro capitale Bisanzio, del suolo italiano, soprattutto la parte meridionale, portò un’ondata nuova di termini greci (questa era la lingua parlata nella parte orientale dell’Impero), che si aggiungevano a quelli che già permearono in Latino quando i Romani giunsero a contatto con le città greche del Sud Italia, la Magna Grecia, e con la cultura ellenica quando conquistarono la Grecia. In tutte le lingue occidentali i termini scientifici sono in gran parte di origine greca, ma nell’Italiano l’influenza del Greco antico ha assunto particolare importanza. Nel IX secolo gli Arabi conquistarono la Sicilia ma crearono numerosi avamposti costieri nella Penisola, essi furono anche tra i principali partner commerciali delle repubbliche Marinare. L’Arabo rappresenta così un’altra importante fonte di termini, soprattutto per la sfera commerciale. In epoca moderna l’Italia continuò ad essere terra di conquista da parte di vicine potenze straniere quali Spagna, Francia e Austria, cosicché Spagnolo, Francese e Tedesco hanno avuto la loro influenza. Importante fu soprattutto l’apporto del Francese, lingua di un popolo con cui l’Italia incrociò più volte il suo percorso storico. Proprio il Francese fu per secoli la lingua colta della comunità internazionale, era anche una moda ricorrere a termini francofoni.
L’Italiano oggi
Ora il ruolo di lingua di riferimento della comunità internazionale è stato preso dall’Inglese, grazie alla supremazia economica, culturale e politica degli Stati Uniti d’America, che ha sostituito l’Impero Britannico. L’inglese attualmente ha una grande influenza in tutto il mondo, anche perché Hollywood ha un ruolo preponderante nel mercato cinematografico, così come la musica di gruppi anglofoni, chiara conseguenza dello strapotere in altri settori. L’Inglese, seconda lingua più parlata dietro al Cinese per via della vastità della popolazione del Paese asiatico, è la lingua più studiata al mondo. Fin qui nulla di sorprendente, se non a seguire, dopo anche il Francese e lo Spagnolo, due lingue molto parlate nel mondo per via dell’espansione dell’impero coloniale dei rispettivi Paesi, al quarto posto c’è proprio l’Italiano. A scanso di facili e romantici entusiasmi c’è da specificare che l’inatteso quarto posto è in buona parte al prominente ruolo strategico della Città del Vaticano come centro del mondo cattolico, la cui influenza va chiaramente ben oltre l’aspetto religioso. Ma non è solo questo: l’Italia detiene il 70% del patrimonio storico-artistico-culturale mondiale e, nonostante i problemi, continua ad esercitare un grande fascino: sono molti così quelli che per viaggiare o per voglia di conoscere meglio la cultura locale si immergono nello studio della lingua di Dante. La lingua italiana è amata in tutto il mondo per la sua musicalità, il che la renderebbe un volano eccezionale per la promozione del Made in Italy, l’apprezzato saper fare (spesso chiamato appunto know how) artigianale, tuttora visto come un indiscusso marchio di qualità.
Il dilagare dell’Italinglish
Gli anglismi che arrivano ad arricchire il vocabolario di altre lingue è un fenomeno positivo laddove servono a esprimere termini e concetti intraducibili, d’altronde le lingue si sono sempre scambiate termini e questo indica un’inevitabile quanto spesso fruttuosa contaminazione culturale tra le parti. Tuttavia l’Italiano è stato invaso da un’orda scriteriata di termini anglofoni. Se da un lato ha senso utilizzare un termine straniero laddove questo sia intraducibile, dall’altro si sta facendo strada la tendenza molto provinciale di far ricorso a termini inglesi preferendoli a termini italiani già esistenti, in alcuni casi sfiorando il ridicolo. Che senso ha ricorrere all’abusato location al posto di “luogo” o “località” o ricorrere a improponibili adattamenti come “skillato” per intendere “capace”? L’assurdo è stato toccato con il marchio turistico della città di Roma, terra d’origine del Latino: “Rome&You”. Dopo la Seconda Guerra Mondiale l’Italia è diventata a tutti gli effetti una colonia americana, ma il fenomeno non si è verificato in altri Paesi con la stessa carica invasiva.
Una crisi da cui uscire
Dietro c’è probabilmente una crisi d’identità dovuta anche a un senso di colpa da espiare. Durante il Fascismo si esaltava proprio l’italianità, caldeggiando soluzioni all’epoca già esistenti ma che oggi sembrerebbero ridicole come tradurre i nomi propri stranieri. Con la caduta del regime fascista quanto legato all’esaltazione dell’identità nazionale è diventato qualcosa di associabile al regime caduto e quindi un tabù: si tratta di una questione delicata e scarsamente trattata, ma ormai “il re è nudo” e non si può non affrontare. Affermazioni facili per chiudere una discussione come “Tanti nessuno sa fare le cose come noi Italiani perché a noi ci invidiano tutti” indicano spesso invece un senso di inadeguatezza nel confrontarsi apertamente con altre realtà estere. Si tratterebbe di una vera e propria crisi d’identità culturale da sanare assolutamente L’Italia è tra i Paesi europei dove il livello di pieno dominio dei testi scritti è più basso e allo stesso tempo dove si conosce meno l’inglese e in questo l’impostazione della scuola italiana ha sicuramente delle responsabilità. Ovviamente è fondamentale conoscere bene l’inglese ed è importante conoscere bene le lingue straniere.
Una possibile soluzione
È bene conoscere più lingue ma queste vanno parlate una per volta: no all’italinglish. Per questo fine è nata la campagna di sensibilizzazione online #dillointaliano, già sottoscritta da parlanti e amanti della lingua italiana da tutto il mondo.
La petizione online è stata lanciata da Annamaria Testa, copywriter, scrittrice e docente universitaria nel settore della comunicazione, attiva anche come blogger e conferenziere.
Conoscere la propria lingua e saperla utilizzare in modo appropriato è essenziale, per sapersi esprimere, saper comunicare, costituisce un valore nel sapersi promuovere in modo sano e forte come individui e come comunità.