Riceviamo e pubblichiamo questa riflessione di Rossano Capocecera, manager d’azienda, con laurea in ingegneria chimica e Master Executive MBA, e amministratore locale
“Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura.” Albert Einstein
Ahimè, questa citazione, purtroppo, si insinua pesantemente nella nostra quotidianità. Nel senso etimologico della parola “crisi” (dal greco krino, che significa separare e quindi anche discernere, giudicare, valutare) emerge il concetto separazione, distinzione, scelta.
Nell’ultimo ventennio questa parola è stata abusata perché, di fatto, dopo la crisi non è avvenuta nessuna “distinzione” o “scelta” tra ciò che era e ciò che poteva potenzialmente essere.
La pandemia del Coronavirus ha catapultato i continenti in uno stato temporale sospeso, incerto. Ha posto l’homo aeconomicus di fronte a un limite, le sue basi della perfect rationality, quella del “tutto è gestibile” e controllabile, ora, vacilla. C’è l’incerto, l’imprevedibile, non ci sono punti di riferimento.
Nel suo libro “Adaptive Markets” (pubbl. 2019), Andrew W.
Lo introduce un nuovo paradigma: il solo approccio razionale ai mercati finanziari non è più sufficiente per giustificarli e valutarli, è necessario tener conto anche della parte emozionale, del “sentimento” e dello stato d’animo che la società vive in un determinato momento e come percepisce un determinato evento.
Basti pensare al comportamento delle borse negli ultimi mesi.
Evidentemente questo concetto è estendibile ad altri contesti, vedi politico e sociale.
In questo particolare periodo i concetti di crisi, i limiti della perfect rationality e adattatività stanno resettando la visione e l’approccio organizzativo delle imprese per garantire produttività e profitto.
Dove si pone la politica in questo contesto? Seguendo la definizione di David Easton la politica pubblica ha un input, un’analisi e un output: definizione troppo meccanicistica per essere applicata.
Nulla di nuovo o di sconvolgente se non fosse che le variabili che vi si associano sono incertezza e complessità.
Quindi la politica ha il ruolo di saper cogliere le necessità del popolo nel suo ambiente attraverso l’osservazione, la scomposizione e la comprensione dei problemi che si presentano.
Ha quindi il ruolo di strutturare un output nella complessità che dia soluzioni nel breve termine e progettualità, programmazione nel medio/lungo termine dimostrando di saper rispondere in modo convincente alle necessità delle persone.
Sembra tutto ovvio ma in realtà non lo è. Non lo è perché il senso della politica pre-Covid19 voleva rispondere soltanto a gestire il breve termine.
Si era impostata sul consenso popolare, la semplificazione dei problemi complessi e nell’ignorare l’incertezza.
Il post-Covid19 proietta inevitabilmente ad un re-styling della politica che non sarà dettata dagli slogan e semplificazioni dei partitismi o dal solo consenso popolare di uno o più membri di un gruppo, ma sarà definita dalla capacità e dalle competenze che le singole persone di quel gruppo o partito sapranno trasformare in intelligenza collettiva.
Come? Attraverso la condivisione, il rispetto verso la persona, la competenza nel gestire problemi complessi e la programmazione di breve, medio e lungo termine.
Su questo pensiero si dovranno disegnare politiche idonee ad analizzare la complessità dei problemi sociali, senza banalizzarli, cercando con costanza la strategia che sappia trovare una soluzione, non necessariamente, per il breve termine ma che sappia ascoltare il “sentimento” del popolo senza lasciarsene passivamente influenzare.
Ascoltare il “sentimento” del popolo implica intrecciare un confronto con le persone dimostrando di voler comprendere e di essere in grado di proporre soluzioni idonee per la comunità.
Di fatto non vuol dire ottenere sempre il consenso popolare. Il leader, quello vero, deve saper (anche) essere impopolare.
Il restyling dovrà presentare dei leaders e dei gruppi che oltre la passione, capacità e competenza facciano della credibilità (serietà) e dell’esperienza politica il mantra della loro attività pubblica.
Questo modello bottom-up vedrà nella politica locale e capillare un ruolo chiave.
L’esperienza amministrativa di questi anni, prima come consigliere di amministrazione presso Villa Serena Srl, poi con l’attuale, consigliere di maggioranza, ha dimostrato con alcune scelte gestionali del gruppo che questo approccio porta dei risultati a valore aggiunto.
Nello specifico potrei citare il cambio di assetto societario di Villa Serena Srl, necessario per rilanciare ed innovare l’azienda, la riorganizzazione ed ottimizzazione del numero dei capisettore nell’amministrazione, le scelte tributarie per appianare un bilancio in difficoltà cercando comunque di rispettare gli impegni finanziari presi con imprese e professionisti, non ultimo, la volontà, per rilanciare la città di Montefiascone attraverso la variante al PRG (Piano Regolatore Generale) e la valorizzazione del territorio attraverso la progettazione di nuove opere pubbliche.
In questo periodo di transizione, in piena emergenza Covid19, si è palesato con chiarezza il concetto di intelligenza collettiva sia della cittadinanza che di un gruppo amministrativo:
solidarietà, ricerca del bene e della sicurezza comune, ascolto delle reali esigenze. La persona al centro delle azioni politiche.
Cosa accadrà nel post-covid19? Avremo la capacità di mantenere questo mindset?
Avremo la costanza di consolidare questo modello?
Beh, il percorso di questi ultimi mesi sta insegnando molto più di un percorso di laurea pertanto ritengo che da inguaribile ottimista, nel caso del mio gruppo, direi di sì.
Rossano Capocecera