“A mente fredda“( “The coldest game”) è una delle ultime novità uscite su Netflix; per la regia di Lukasz Kosmicki, si tratta di un’racconto inventato ambientato nel contesto di tensione della crisi dei missili di Cuba in piena corsa agli armamenti tra Usa ed Urss.
Il personaggio di fantasia, protagonista della vicenda, è il genio matematico e campione di scacchi statunitense Joshua Manskin (Bill Pullman) che si trova alle prese con un ciclo di partite a scacchi contro il russo Alexander Gravylov (Yevgeni Sidikhin).
Unico obiettivo di Manskin è quello di dimostrare la supremazia degli Stati uniti d’America sul tavolo da gioco, costretto dai servizi segreti statunitensi a calarsi nei panni duplici di spia e campione.
Ormai in preda da anni ai fumi dell’alchool, Manskin si ritrova a dover risvegliare le sue sopite doti talentuose da scacchista e matematico per dare corpo ad una metaforica trasposizione ludica del confronto Usa-Urss, passato alla storia per essere stato caratterizzato da una tensione latente fondata sulla corsa agli armamenti, ma anche su una competizione ad ampio respiro non solo legata alla tensione bellica.
Arte, musica, cultura, scienza e spettacolo furono il terreno di confronto della Guerra Fredda. Atmosfera tesa e dal sapore decisamente competitivo ed agonistico, di cui il film Netflix “A mente fredda”, non ha saputo rendere a pieno l’idea.
Contestato dalla critica come confusionario e poco avvincente, “A mente fredda” ricorda molto, come trama e ambientazione, “La grande partita” del 1914, diretto da Edward Zwick e sceneggiato da Steven Knight.
Decisamente meglio strutturato e confezionato, “La grande partita” agevola notevolmente le proprie sorti agganciandosi con intelligenza tattico espressiva ad una storia realmente accaduta.
Viene infatti rievocato lo storico confronto tra lo scacchista statunitense Bobby Fisher (Tobey Maguire) ed il russo Boris Vasil’evič Spasskij (Isaac Liev Schreiber) .
Fu un episodio passato alla storia mediatica di quel grottesco confronto ideologico; una partita a scacchi che era un confronto tra l’Occidente industrializzato e la dottrina comunista d’Est Europa.
Un confronto il cui esito decretò la supremazia a stelle e strisce e lasciò il mondo esterrefatto dinnanzi alle telecamere, quando il campione Bobby Fischer strinse la mano al suo valoroso avversario sovietico sotto gli occhi attoniti di tutto il mondo.
Un grande valore che i due geniali campioni si riconobbero reciprocamente senza badare ai colori delle bandiere che li dividevano.
Ma questo è stato “La grande partita” del 2014, decisamente un film d’altro calibro rispetto al disperato tentativo di Netflix di imitarlo distribuendo sulla propria piattaforma “A mente fredda”.
Un grossolano tentativo di scopiazzare il grande capolavoro del cinema americano, il cui regista Edward Zwick è ben noto per aver diretto “L’ultimo Samurai” e “Attacco al potere”.
Netflix con il suo “A mente fredda” sembra non reggere un confronto tanto ardito, ma al contempo non rinuncia ad avere le pretese tipiche del colossal “tratto da una storia vera”, se non fosse che manca di attori di spessore, siano essi famosi o emergenti, vede una carenza strutturale in merito al senso logico nel plot narrativo e pecca completamente di mancanza di carisma interpretativo.
“A mente fredda” si ritrova ad essere semplicemente un film su una partita di scacchi, in cui il contesto storico della Guerra Fredda, e più nello specifico della crisi missilistica di Cuba, non sembra avere nessuna connessione con la vicenda narrata.
La trama di spionaggio sulla quale il film dovrebbe fondare la propria ragion d’essere, è forzata e praticamente inesistente.
Forse è proprio questo il problema centrale di molti film Netflix: la mancanza di una struttura da colossal.
Quella stessa struttura narrativa che si può rivivere solo attraverso l’interpretazione magistrale di grandi attori.
L’interpretazione da Premio Oscar che emerge, cullata dalla melodia immortale di sontuose colonne sonore, il tutto accompagnato dalla soave sviolinata artistica di una fotografia che cattura l’anima dello spettatore trascinandolo dentro alla storia che viene raccontata. Tutto questo è un mix di ingredienti che sembrano non emergere in molti film pubblicati da Netflix.
“A mente fredda” di Netflix non riesce ad essere all’altezza di quel capolavoro che si sforza di scopiazzare, non riesce ad essere quel racconto romanzato, di un evento realmente accaduto, che diviene poi, attraverso la magistrale arte del regista, un’occasione per studiare la storia.