Programma elettorale di Donald Trump: una minaccia per il Pianeta Terra

Programma elettorale di Donald Trump: una minaccia per il Pianeta Terra

Programma elettorale di Donald Trump: molti paventano una deriva autarchica, una repressione dei diritti umani fondamentali, altri pensano invece che uno come lui ci voglia.

Il vero problema, piuttosto, potrebbe essere per il Pianeta Terra.

Lo Staff governativo di Donald Trump sembra essere stato pensato e scelto ad hoc per contrastare le recenti conquiste di COP21 e COP22

 

 

Programma elettorale di Donald Trump: un’analisi dal punto di vista di ciò che dovrebbe essere auspicabile per il futuro del genere umano

Trattasi di possibile maggiore rischio, in merito a clima ed energia,  per il mondo intero, e conseguente probabile arresto del progresso della razza umana. Dire no agli obiettivi di cop21 e di quanto prodotto dall’Accordo di Parigi dello scorso 2015, significherebbe impedire al genere umano di progredire nel cammino verso la conoscenza che, di generazione, in generazione, ha spinto la l’individuo all’evoluzione attuale. Concepire l’esistenza della nostra Specie senza valutarne e contenerne il potenziale distruttivo, significa impedire alle generazioni future di ereditare il diritto alla vita. Accogliere i principi base della sostenibilità allo sviluppo significa limitare le guerre e garantire la nostra crescita ed evoluzione, contenendo i fenomeni migratori ai soli aspetti positivi degli stessi. Perché sia il solo desiderio di condividere e conoscere, e non la disperazione e la fame, a spingere l’uomo a spostarsi da un angolo all’altro del Pianeta, è indispensabile che si comprendano i limiti dello sviluppo stesso e che si contenga, questo naturale istinto umano a progredire, nei rigorosi e giusti confini della ragionevole sostenibilità.

Una squadra di gabinetto che confermerebbe la ritrosità statunitense ad assumere un ruolo di guida etica per un reale progresso sociale ed economico

Sembrano stupire le posizioni del neo Presidente statunitense Donald Trump, in merito ad ambiente e cambiamenti climatici. Il programma elettorale di Donald Trump sembra essere stato pensato proprio per danneggiare l’ambiente, quest’inclinazione emerge a partire dalla scelta del suo staff. Vale la pena ricordare, a questo punto, che nel 2001 in occasione della ratifica del Protocollo di Kyoto, gli Stati Uniti guidati da George W. Bush, fecero marcia indietro dinnanzi ad un impegno di portanza internazionale.

Nonostante gli Usa fossero, notoriamente, responsabili di circa un quarto delle emissioni di gas serra nell’ozono, hanno preferito astenersi, assieme a Russia, Cina ed altri Stati, dalla ratifica di un trattato che sarebbe stato di storica importanza per il futuro dell’equilibrio climatico mondiale. Senza soffermarci troppo in merito alle anomalie climatiche che ogni giorno sono riscontrabili direttamente da ogni abitante della Terra, prestiamo attenzione alle personalità che Donald Trump ha considerato di includere nella sua squadra governativa.

Per guidare i vertici istituzionali di strutture rilevanti quali l’EPA, (Agenzia americana per la protezione dell’ambiente), era stato originariamente proposto  Myron Ebell, che è risultato essere, più volte, una figura scettica in merito alla rilevanza del problema climatico e ambientale del Pianeta. L’opinione pubblica, inoltre, si è mostrata immediatamente dubbiosa in merito alla sua esperienza riguardo all’argomento della tutela ambientale. Stando alle ultime notizie divulgate da CBS News, Donald Trump avrebbe preferito ad Ebell Scott Pruitt, repubblicano e segretario di Giustizia nell’Oklahoma. 

Ovviamente il profilo di quest’ultimo sembra rimanere invariato, essendo anche Pruitt molto vicino al panorama dell’imprenditoria petrolifera e ferreo negazionista della gravità in merito al cambiamento climatico. Sembra dunque che il programma elettorale di Donald Trump sia contraddistinto da una volontà esplicita di danneggiare l’ambiente. E’ probabile che Pruitt, fermo sostenitore del massiccio sfruttamento delle fonti di energia fossile, possa invertire il corso della politica Obama che si era rivelata favorevole ad una progressiva, ma decisa responsabilizzazione in merito alla politica ambientale statunitense.

Trump avrebbe poi designato, come Segretario al Dipartimento Energia, Rick Perry, il quale è stato fino a pochi mesi fa uno dei suoi più risoluti oppositori. Il programma elettorale di Donald Trump è quindi chiaramente concepito per asservire ed assecondare i lobbisti del petrolio, dell’industria e della finanza. Una posizione innovativa e sensibile verso l’ambiente sarebbe di fatto una minaccia per l’economia statunitense, come lo sarebbe l’Obama Care.

La posizione decisa di Perry, a favore della soppressione del Dipartimento dell’Energia, dovrebbe far riflettere in merito alla sua nomina a capo della stessa. Come reggenza della Segreteria degli Interni, la scelta sembrava quella della nomina di Sarah Palin, ma la decisione finale di Donald Trump è poi ricaduta sul cinquantacinquenne Ryan Zinke. Nulla di consolante per il futuro climatico ed ambientale mondiali, poiché se la Palin si era mostrata apertamente a favore del massiccio sfruttamento del Pianeta per l’estrazione di Petrolio ed idrocarburi, Zynke è tra i personaggi statunitensi più legati all’industria delle armi e del petrolio.

Deputato del Montana e veterano delle forze speciali, Zynke è un sostenitore dell’ utilizzo del carbone come energia primaria. Zynke si impegnò come determinato oppositore della moratoria Obama sul carbone, la quale avrebbe cagionato, a suo dire, la chiusura di molte miniere con conseguente perdita di posti di lavoro. Ogni elemento dello staff governativo è stato quindi pensato appositamente per favorire la il programma elettorale di Donald Trump votato a fare marcia indietro alle innovative conquiste prospettate da Barack Obama.

Un taglio netto e decisivo ai propositi della politica Obama, a scapito degli intenti di Expo 2015 e del progetto cop21 in seno all’Accordo di Parigi.

Appare dunque evidente che la nuova amministrazione governativa voglia assecondare il programma elettorale di Donald Trump teso a voltare pagina rispetto ai buoni propositi della politica Obama, in merito a quella che sarebbe dovuta essere una rivoluzionaria e definitiva  assunzione di responsabilità, a livello planetario, sulla questione della tutela ambientale. 

 

Prima con la sanità, poi con il clima, sembra sempre più che il ruolo giocato da Obama

non fosse in linea con gli interessi di quei gruppi parastatali che detengono

realmente il controllo dei gangli della politica Usa e degli equilibri globali.

 

In un’intervista al portavoce del periodico statunitense “The Atlantic”, Jeffrey Goldberg, Barack Obama aveva parlato, al termine del suo secondo mandato, di come secondo lui il futuro per gli Stati Uniti sarebbe stato rappresentato da una piena responsabilizzazione e dedizione alle tematiche energetiche ed ambientali. Addirittura l’uscente Presidente statunitense ha definito quello del cambiamento climatico come “una delle minacce dei prossimi venti anni che maggiormente lo preoccupano”. Obama colse, nell’intervista con Goldberg, quello che oggi sembra sfuggire a Donald Trump e a molti Statunitensi.

Il programma elettorale di Donald Trump sembra non aver voluto recepire che un clima in crisi significa un acuirsi dei principali problemi inerenti alla sicurezza e alla politica estera. Surriscaldamento globale significa siccità, questa acuisce la fame, le malattie ed il malcontento, finendo con lo scatenare conflitti ed incrementando l’unica forma veramente pericolosa di immigrazione; l’invasione. Durante gli anni della presidenza Obama i consumi primari di energia degli Stati Uniti sono diminuiti dell’1% a fronte di una riduzione delle emissioni di anidride carbonica del 12%. Questo grazie al percorso, rivoluzionario in termini di sviluppo sostenibile, intrapreso dalla “Shale revolution”.

 

In sostanza la normativa, marcata Usa, che concede i diritti minerari ai possessori di terreni, ha permesso a società private di sentirsi incentivate ad investire

in ricerca e sviluppo per creare un sistema alternativo di approvvigionamento energetico.

Dal 2008 ad oggi gli Stati Uniti, in termini di politica estera, hanno ridotto la loro vitale dipendenza dal Medio Oriente in materia di fabbisogno energetico.

 

Tra il 2008 ed il 2014 la produzione di “Tight oil” (tipo di petrolio intrappolato nelle rocce o nelle argille) è aumentata da 1 a 4 miliardi e quella diShale gas” (idrocarburo, liquido o gassoso, estratto dalle rocce e trasformato in petrolio) è passata dal 10% al 40%. Soprattutto nel corso del suo secondo mandato, Barack Obama si è impegnato in programmi a favore del clima e della riduzione delle emissioni di idrocarburi responsabili dell’effetto serra. Il tutto è andato ad aggiungersi a quanto messo in atto nel corso del suo primo mandato mediante le “misure verdi” contenute nell’ “American Recovery and Reinvestment Act” del 2009; queste furono pari a 112 miliardi di dollari, o al 12% dell’intervento complessivo, di contrasto della crisi economica. Sempre in materia d’ambiente Barack Obama si era impegnato, nella scorsa Conferenza di Parigi, tenutasi tra il 30 Dicembre ed il 12 Gennaio 2015, per una riduzione entro il 2020 delle emissioni del 26%-27%, rispetto ai livelli del 2005.

Senza neppure immaginare la minaccia del programma elettorale di Donald Trump, Obama aveva annunciato che questi risultati sarebbero stati possibili anche entro la fine del 2015, ma purtroppo si è dovuto scontrare con i continui ricorsi in tribunale, avanzati da imprenditori petroliferi e Repubblicani. Oltre a questi importanti traguardi, per una delle nazioni più inquinanti al mondo, l’Accordo di Parigi ebbe il risultato di strappare agli Usa la promessa per la riduzione  delle emissioni delle centrali elettriche del 32% entro il 2030 e, in merito alle rinnovabili, il raggiungimento di un utilizzo pari al 20% dell’ energy mix per il 2025. Sicuramente Donald Trump non potrà cancellare l’accordo di Parigi, ma potrà senza dubbio ignorarlo e sarebbe un peccato per il lavoro fatto fino ad ora.

L’accordo di Parigi è stato ormai ratificato e gli Stati Uniti vi hanno preso parte, anche se il programma elettorale di Donald Trump, con le sue posizioni riluttanti assunte soprattutto in campagna elettorale, ha offuscato quell’effetto propulsivo impresso dall’atteggiamento Obama e alle prossime Conferenze delle Parti, come già è avvenuto in quella tenutasi a Marrakech, gli Usa non verranno più visti come un leader trascinatore per le tematiche ambientali ed energetiche.

Non si può certamente trascurare che il Mondo intero, almeno quello occidentale, sia ormai avvezzo al ruolo di guida e di “Grande poliziotto”  cui gli Stati Uniti, se pur a fasi alterne nella loro storia, hanno comunque sempre aspirato. Questo era il futuro ruolo di “Grande poliziotto” preconizzato da Obama, per il quale l’emergenza climatica è l’aspetto più pericoloso, se non più del terrorismo almeno alla pari, con cui le democrazie dovranno fare i conti di qui ai prossimi anni. Il Presidente Francese Francois Hollande ha definito cop21 come “il primo vero accordo universale della storia su clima ed energia” ed ha proseguito sostenendo che il suo accoglimento avrebbe significato un’apertura all’ “ultima reale e concreta opportunità di cambiare il mondo”, mentre un suo rigetto avrebbe comportato il “non essere capiti né perdonati dai propri figli in futuro”.

Parole forti che sembrano non riuscire a fare breccia nel buon senso della miriade di Repubblicani ed industriali statunitensi che vedono minacciati i loro interessi in termini di potere ed influenza economica e finanziaria. La vittoria e l’attuazione del programma elettorale di Donald Trump fa riflettere proprio sul fatto che, forse, gli interessi che dominano negli Stati Uniti, mal si sposano con le esigenze di tutelare e preservare un Pianeta sempre più a rischio. Con la Cancellazione del Clean Power Act Donald Trump rischierà di vanificare gli sforzi e le conquiste di cop21 in tema di politiche ambientali. Il Clean Power Act è un programma per la riduzione delle emissioni nel settore energetico, introdotto con non poche difficoltà da Obama.

Vanificarlo, con la maggioranza repubblicana al Congresso, sarà per Trump semplice e rappresenterà una sorta di fallimento, in un certo senso, per la razza umana. Quanto promesso da Donald Trump in campagna elettorale potrebbe non avere una corrispondenza, almeno non in tutto ma in parte, rispetto a quanto realmente sarà attuato. Ad oggi sembrerebbe sempre di più che le estremiste posizioni del Presidente, contro immigrati e ambiente, siano state in gran parte il frutto di una logica aggressiva di marketing elettorale e solo gli eventi futuri potranno confermare quanto il magnate statunitense intenda realmente andare fino in fondo con il suo duro programma.

Nell’ambito di Expo 2015 Si è parlato di un “Nuovo Umanesimo per lo sviluppo”; un progetto teso a riconfigurare i pilastri etici in merito all’operato degli Stati di tutto il Mondo per preservare e tutelare le risorse ambientali del Pianeta. Lo scopo di Expo 2015, avente la nutrizione come tema portante, è stato quello di gettare le basi per conferire nuovo vigore all’idea di uno sviluppo sostenibile. Il tema “Nutrire il Pianeta: Energia per la vita” ha avuto la pretesa, forse troppo ottimistica, forse troppo ambiziosa, di ridisegnare i profili delle scelte strategiche, in campo socio-economico, di tutti i Paesi che hanno partecipato all’evento Expo. L’anima e potremmo dire lo spirito che hanno animato Expo 2015 sono stati rappresentati dal traguardo nell’aver fissato gli obiettivi mediante l’Accordo di Parigi cop21. Questo progetto ha inteso fare leva sui retaggi culturali e valoriali per creare un dialogo, ed un confronto politico, che fosse all’insegna della collaborazione nell’attuazione di piani condivisi. Slanci innovatori volti ad affrontare e risolvere con atteggiamento responsabile e consapevole i problemi relativi ad ambiente ed energia.

Quanto il programma elettorale di Donald Trump sembra ignorare, è proprio che questi problemi rappresentano alcune di quelle cause alla base della fame nel mondo, quindi delle guerre e delle disparità nel riconoscimento di diritti fondamentali, ed inalienabili, dell’essere umano. Dare seguito, di qui al 2020-2030, agli obiettivi prefissi da cop21, potrebbe voler dire aprire la strada ad un “nuovo umanesimo della razza umana”. In un contesto globale dominato da terrorismo, esodi di massa e da tutti quei fenomeni, definiti dal sociologo francese Maffesolì, come forme di socialismo estremo, accendere un motore ed una speranza in termini di sostenibilità nello sviluppo, significa aprire la strada per una concezione di ricchezza che sia democratica e da tutti raggiungibile. Permettere ad un programma elettorale come quello proposto da Donald Trump di espletare i suoi intenti sarebbe come consentire ad un ipotetico scienziato di ripristinare i vecchi modi di vivere e lavorare. Il progresso, per il cammino che ha ad oggi intrapreso, non può prescindere dal concetto, ad esso stesso intrinseco, di sostenibilità. Rispettare l’ambiente significa rispettare il diritto del genere umano di perpetrare nei secoli futuri la propria specie.

Bibliografia:

Corriere della Sera: http://www.corriere.it/esteri/16_novembre_10/trump-presidente-squadra-governo-transizione-christie-giuliani-palin-445c9b9c-a74c-11e6-8208-49eea13f646a.shtml

Internazionale: http://www.internazionale.it/notizie/2016/12/02/stati-uniti-donald-trump-nomine

Internazionale numero 1152 del 6 maggio 2016: che mondo ci lascia Obama

The Atlantic: Aprile 2016 The Obama doctrine

CBS News: http://www.cbsnews.com/videos/contenders-for-trumps-cabinet/

Lenntech: http://www.lenntech.it/effetto-serra/kyoto-stati-uniti.htm

Greenstyle:     http://www.greenstyle.it/shale-oil-tight-oil-tar-sands-gli-idrocarburi-non-convenzionali-15198.html

Istituto superiore di Politica estera (ISPI):  http://www.ispionline.it/it/pubblicazione/usa-svolta-nella-politica-ambientale-e-energetica-14430

Wired.it:  http://www.wired.it/attualita/ambiente/2015/12/12/cop21-accordo-parigi-clima/

Formiche.net: http://formiche.net/2015/11/29/clima-ecco-promesse-e-tentennamenti-delle-nazioni-alla-conferenza-di-parigi/

 

 

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Alessandro Gatti

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