La scimmia nuda “balla” dalla mente di un geniale zoologo del novecento al palco dell’Ariston

La scimmia nuda “balla” dalla mente di un geniale zoologo del novecento al palco dell’Ariston

La scimmia nuda è un saggio di antropologia scritto nel 1967 dallo zoologo, antropologo, scienziato naturalista ed artista surrealista Desmond Morris.

All’epoca Morris, scrivendo La scimmia nuda, si interrogò sulla natura umana e sul perchè fosse vista ed intesa dal genere umano stesso come foriera di perfezione assoluta rispetto alle altre specie animali. In realtà, come osservò Morris, l’uomo è un primate e in molti suoi gesti questo aspetto animalesco emerge ancora.

La scimmia nuda è da intendersi come la caratteristica della scimmia uomo che lo ha portato, nel corso della sua evoluzione, a liberarsi dalla pelliccia per “vestirsi” degli abiti della civiltà, anche se spesso in queste vesti, l’uomo, ha mostrato nel corso della sua storia inumana bestialità.

Nel lavoro di Morris, che è più un’opera divulgativa che non un vero e proprio saggio scientifico, compaiono delle ipotesi scarsamente suffragate dal canonico metodo di indagine scientifica. Compaiono strampalate e criticate teorie riguardo la scimmia assassina e la concezione secondo la quale la savana sarebbe alle origini del bipedismo.

L’approccio seguito da Morris nella stesura de La scimmia nuda segue i caratteri tipici dell’etologia, termine derivante dal greco e teso ad identificare lo studio del costume; per l’appunto ethos, costume o carattere, e logos discorso. La scimmia nuda è dunque un testo che presenta dei caratteri di scientificità, essendo l’etologia una disciplina scientifica riguardante lo studio delle specie animali nel loro ambiente naturale. Quello che è stato criticato, nel lavoro di Morris, riguarda principalemente alcune sue conclusioni e le modalità metodologiche con le quali sono suffragate.

 

Delle oltre 190 specie di scimmie, l’uomo è l’unico quasi privo di peli. L’essere umano ha riprodotto nella sua società quella struttura primordiale che caratterizza i primati suoi antenati. Nel modo di cacciare, nel modo di sedurre la donna, nel modo di organizzare la società. In forma evoluta, a tratti grottesca, l’essere umano riproduce ad un livello più avanzato gli schemi delle scimmie dalle quali discende.

 

La scimmia nuda rappresenta un lavoro di studio e confronto che molti, discutibilmente, hanno definito divertente. Ad essere divertente non è sicuramente La scimmia nuda, nè per come è scritto nè per come affronta gli argomenti che tratta. A divertire è l’immagine di un individuo che, per quanto si sforzi di dare i tratti evolutivi alla società che ha creato, finisce sempre per porre in essere dei comportamenti da animale.

Fondamentalmente La scimmia nuda parla dell’uomo per quello che è, e cioè un animale evoluto, che conserva atteggiamenti ed approcci che in molte cose sono identici a quelli delle scimmie. Va altresì notato che in un lavoro così strettamente legato al tecnicismo delle scienze naturali, si perde di vista quello che è il senso che l’uomo conferisce alla forma sociale che ha creato. Al di là delle modalità comportamentali, che La scimmia nuda ricollega agli atteggiamenti dei primati, l’essere umano ha la ragione e questa lo porta ad agire secondo logica, prima che assecondando l’istinto. Sebbene l’uomo agisca talvolta d’istinto, al pari di una bestia, egli ha dato forma istituzionale alla società che ha creato.

 

La società è concepita dall’uomo come momento di sintesi tra particolare ed universale, come principio imprescindibile per dare ordine alle cose e ricreare nell’universale una dimensione per il particolare.

 

Le scimmie agiscono da animali e pensano come animali, mentre l’uomo pensa come uomo, anche se si comporta talvolta da animale. Nella società, dal periodo arcaico ad oggi, gli individui hanno avuto il fine di creare un sistema sociale che riconducesse la bestialità del singolo agente all’ordine collettivo. L’uomo si comporta da bestia, ma il fine da cui parte è un fine che alle bestie è del tutto ignaro. Quando Hobbes teorizza l’idea di un Leviatano che rabbonisca la natura bestiale dell’uomo, definito dal filosofo britannico come un lupo per un altro uomo, dimostra la capacità umana di prendere coscienza della propria condizione di bestia. Questa autoconsapevolezza è del tutto estranea alle scimmie.

Nonostante tutto, il lavoro di Morris è divenuto famoso in tutto il mondo ed ha venduto oltre 10 milioni di copie. Personalmente non ero al corrente di questo autore, artista e scienziato, ma grazie alla vittoria al Festival di Sanremo della canzone di Gabbani, dal titolo Occidentalis Karma, ho avuto modo di conoscere ed apprezzare questo studio sull’antropologia umana che, nonostante le critiche, ha affrontato in modo originale una tematica molto interessante. Ovviamente, pur essendo lieto che, per la prima volta nella mia vita, ho assistito alla vittoria di una canzone che ha anche degli spunti atti a stimolare la conoscenza e la cultura delle persone,

mi sfugge cosa c’entri una citazione riferita ad un antropologo inglese con il karma indiano, o con altre citazioni, quali ad esempio Shackespare, presenti nella canzone di Gabbani.

Lasciando stare sterili critiche, soffermandoci solo sulla piacevolezza di un pop che rilassa e, buttali via, da anche interessanti spunti di riflessione, lasciamo al caso i nostri dubbi in merito al criterio con cui sono state accostate le varie “chicche” culturali. Sicuramente i fratelli Gabbani hanno avuto il loro criterio e poi, si sa bene, Sanremo è Sanremo!

Rimandi bibliografici

 

  • Konrad Lorenz L’anello di Re Salomone
  • Danilo Mainardi, L’intelligenza degli animali
  • Desmond Morris, La scimmia nuda

 

 

 

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Alessandro Gatti

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