Teju Cole , cogliendo l’occasione del suo viaggio in Europa, racconta le avventure sulle Alpi svizzere dei suoi colleghi artisti che lo hanno preceduto nel tempo e nella storia. (II Parte)
Le Alpi Svizzere: così vengono descritte dall’acquarellista Ruskin, anche se le sue parole non riescono a dipingere il fascino di questo dono di Dio, tanto quanto le sue foto e i suoi disegni. Figlio del puritanesimo inglese ottocentesco, ebbe modo di conoscere l’Italia e di restarne folgorato. Il suo contatto con il Belpaese passò attraverso le Alpi Svizzere.
“ Sentiamo in effetti che queste creste contengono l’evidenza di una grande azione e di un moto compatto che somiglia notevolmente al movimento delle onde marine. Non l’atto di ammassarsi ma un apparente slancio verso l’alto come se intrecciassero e avviluppassero le proprie cime seguendo le curve più fantastiche ed armoniose, e fossero tuttavia controllate da un flusso più profondo e misterioso, simile ad una marea che attraversa l’intera catena dei monti”. Ruskin
John Ruskin, come racconta Teju Cole, scattò le prime foto delle Alpi svizzere, prima di lasciarsi rapire dall’arte gotica e romanica in Italia. Il biografo Karel Van Mander scrisse nel 1604 del pittore Bruegel:
“ Quando era sulle Alpi svizzere, Bruegel ingoiò tutte le montagne e le rocce; una volta tornato in patria, le risputò sulle sue tele e i suoi pannelli ”.
Bruegel, affascinato dalla verticalizzazione divina delle Alpi svizzere, segnò il punto di svolta della pittura paesaggistica. Slegò l’arte naturalista dal mito e dall’evento biblico, cari alla cultura artistica fino a quel momento.
Quando un artista come Bruegel, Ruskin o Cole si trova dinnanzi ad un opera d’arte come le Alpi svizzere non può non cogliere la sfida di rappresentare con la sua arte quell’opera d’arte. Le Alpi svizzere rappresentano un omaggio naturale all’uomo che osa. Una sfida lanciata da Dio agli uomini perché dimostrino il loro talento riproducendo la suggestione della Natura attraverso il loro dono artistico.
Teju Cole, nel suo viaggio in Svizzera, ha avuto modo di ripercorrere il cammino dell’artista fino a lui. Ha ripercorso quella storia di intima sinergia fra uomo e Natura fino a quel momento. L’excursus di Cole termina nel 1890 con Vittorio Sella, fotografo italiano che, a detta dello scrittore statunitense di origini nigeriane, scattò alcune delle foto più belle delle Alpi mai realizzate.
Interessante come nel racconto di Cole non vi sia ammirazione solo per un approccio artistico, il fotografo e scrittore statunitense parla di altre forme d’arte che hanno incontrato il fascino eterno delle Alpi svizzere e a loro modo hanno provato a stabilire con queste una forma di contatto trascendente.
La cima del Dufour fu scalata per la prima volta nel 1855, l’Eiger nel 1858 ed il Cervino nel 1865. Il Dom venne scalato nel 1858 dal reverendo Arthur Llewelyn Davies e tre guide alpine svizzere. L’opera artistica di queste imprese risiede nella dignità del pericolo che l’alpinismo riserva ai suoi cultori. Gente incosciente e appassionata che mette a rischio la propria vita per la scoperta.
Prometeo che dona il fuoco agli uomini, Ulisse che valica le colonne d’Ercole e sprofonda dinnanzi alla montagna del Purgatorio. L’uomo è esplorazione. L’uomo è l’artista del rischio perché è stato creato per spingersi oltre il consentito. I Greci usarono il termine ekei, per indicare l’uomo che osa. Nel Prometeo incatenato di Eschilo, il semi-Dio Prometeo ruba il fuoco agli Déi per donarlo agli uomini, spingendosi oltre (ekei) il consentito e con lui vennero puniti gli uomini per aver desiderato il divino.
Il dono dell’essere umano è inseguire quel passo oltre il limite; un dono ed una maledizione che accosta l’essere umano al divino. Non a caso le Alpi svizzere rappresentano per noi esseri umani un immenso fascino.
La loro verticalizzazione ricorda agli uomini il loro Titanismo. L’incessante lotta dei mortali tra la tensione per l’assoluto e le forze che li soverchiano alla mortalità del Pianeta Terra.
Con il fotografo Vittorio Sella il genio artistico sposa il progresso tecnico, per riuscire ad accogliere la piacevole sfida di Dio con sportiva inventiva. Sella si servì pertanto, come ci racconta Teju Cole, di una pesante macchina fotografica a lastre di vetro in grado di catturare la freddezza e la possanza dei monti con una precisione ed una sensibilità tali da essere difficilmente eguagliabili anche dai moderni sensori digitali.
Il viaggio di Teju Cole sulle Alpi svizzere è un percorso storico di ricerca artistica e di studio sensoriale. Un percorso di formazione sulle ali della creatività e della fame di conoscenza. Le foto di Cole mostrano ampi spazi, distese oniriche riflesso di una natura a noi Italiani assai vicina, ma alquanto lontana per uno statunitense di origini nigeriane.
Il lavoro di Cole trasmette quel senso solitario di raccoglimento che contraddistingue l’eroe romantico nel suo percorso di formazione. Nelle foto di Cole raramente compaiono persone, ma egli mostra i luoghi che quelle persone vivono.
Le montagne del Piz Corvatsch, gli scorci deserti delle strade di Zurigo; parentesi oniriche del magico Lago di Zurigo spiato dalla finestra di una stanza d’albergo. Rapide panoramiche prive della presenza umana, ma a tratti pregnanti di umanità. Nelle foto di Cole l’umano è una velata carezza posata sopra la solitudine dei contesti che egli con le sue foto ritrae.
In questo modo gli scorci delle Alpi svizzere vengono spiati attraverso i ferri di una ringhiera, le mura della città di Zurigo mostrano murales senza alcuna traccia degli artefici, né di altri spettatori o passanti, di un tram vistosamente decorato viene ripreso solo il suo vagone più vuoto, di un parco verde e ben curato viene ritratto lo scorcio senza persone. Il Lago di Zurigo mostra un battello, un piccolo puntino disperso tra le acque e sovrastato dalle vette delle Alpi svizzere.
Bibliografia:
- Internazionale, speciale sul viaggio numero di Luglio/Agosto 2016
- www.Panorama.it
- www.LaStampa.it